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Immortals: noia immortale

Noia immortale

Giacomo Leopardi l’aveva detto e ridetto: un’attesa delusa può fare molto male. Questo concetto è applicabile anche all’attesa di vedere un film ad alto budget diretto dal piccolo genio di Tarsem Singh. Dopo averci deliziato grazie al suo talento visivo con The Cell (2000) e The Fall (2006) Tarsem non sfrutta per niente la magniloquenza del suo nuovo blockbuster, costruendo un film debole da ogni punto di vista. Immortals prova a prendere spunto dalla mitologia greca creando un pot-pourri che si distacca completamente da qualsiasi racconto o leggenda e che narrativamente risulta piatto e noioso. Il film non è nemmeno supportato dai suoi attori che si limitano, nel migliore dei casi, a restituire personaggi stereotipati ma tutto sommato credibili (vedi il temibile tiranno interpretato da Mickey Rourke).

Il talento visivo del regista rimane celato per tutta la durata della pellicola, forse costretto dai fini commerciali imposti dalla produzione. Il problema è che così facendo, il film risulta una sorta di brutta copia di 300 . È impossibile non notare le affinità con la pellicola di Zack Snyder: guerrieri a petto nudo che sfoderano addominali scolpiti, battaglie riprese con insopportabili e ripetuti ralenti. Se però il film del 2007 aveva una base solida sulla quale appoggiarsi e trarre spunto (la graphic novel di Frank Miller), Immortals non gode dello stesso vantaggio e ne risente molto.

La ciliegina su questa torta per nulla riuscita è ovviamente l’uso della terza dimensione. Come tutte le pellicole in cui il 3D viene inserito in postproduzione, anche Immortals lo utilizza male e in maniera piuttosto fastidiosa, mai calibrato per dare profondità o per esplorare nuovi campi. Si spera che questo capitolo ad alto budget sia stato solo una brutta parentesi nella carriera del regista, sperando in un suo ritorno più indipendente e ad atmosfere nelle quali trovarsi più a suo agio.

Curiosità
Il regista si è presentato alla prima riunione con i produttori di Immortals con una valigetta piena di riproduzioni di dipinti presenti nei musei, per illustrare la sua visione inconsueta della pellicola: Tarsem Singh infatti ha proposto di basare le immagini del film sul lavoro di Caravaggio.

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