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cultura dell'immagine e della parola

Febbre: uno nessuno e centomila

Uno nessuno e centomila

Il sesso ai tempi delle videochat: potrebbe essere questo il sintetico contenuto del romanzo di Giulio Minghini. Ma Febbre, il suo primo libro – che è una sorta di esordio a scoppio ritardato visto che è già stato pubblicato in Francia nel 2009 col titolo Fake – è qualcosina in più: al di là del puro racconto, abitato da un protagonista che, al termine di una storia d’amore importante, si “butta” nei meandri del webworld cominciando a frequentare, sotto lo pseudonimo di Delacero, un sito di incontri, basato sulle affinità culturali, c’è una vena di esistenzialismo, che affonda il lettore in un mondo, questo sì piuttosto reale per quanto interiore, di cupa tristezza. E il nocciolo del tutto, manco a dirlo, è la questione dell’identità: dal primo accesso al sito comincia un percorso di nomi inventati, informazioni fittizie, infinite identità. È il web che lo consente e che invita a farlo: riprodurre se stessi nei mille modi in cui si vorrebbe essere e non si è, o si è in piccola parte, secondo gli spunti della propria personalità, dell’impulso filosofico o pratico che appartiene al nostro quotidiano vivere.

Le conoscenze virtuali diventano incontri sessuali, con un campionario pressoché inesauribile di “tipi”, studentesse, professioniste, giornaliste, insegnati e quant’altro, finchè il sé viene smarrito e assuefatto all’avvicendarsi crudo degli incontri che finiscono nell’hic et nunc dello schermo retroilluminato. Mentre il lettore, in questo magma di indefinibile noia divenuta dipendenza ci finisce subito, fin dalle prime righe: “Mi sono vomitato, trasformato, creato, e più volte. Questa era la mia dose: cinque bottiglie di Wiborowa alla settimana, tre pacchetti di Marlboro senegalesi al giorno, due Prozac. Lexomil per dormire, tre quarti. L’ultimo quarto appena sveglio, un attimo prima di accendere il computer”. Il tutto, è narrato con uno stile pungente e una prosa piuttosto asciutta, costellato qua e là de periodi brevi e perentori, simili a certi “tweets”: non c’è giudizio, morale e tantomeno moralistico, e forse questo resta uno dei pregi maggiori di un libro che ha raccolto oltralpe numerosi plausi e qualche lode sperticata.

L’autore
Nato a Ferrara nel 1972, dopo rari studi e innumerevoli viaggi, si è trasferito a Parigi, dove lavora come lettore e traduttore per le edizioni Adelphi. Febbre è il suo primo romanzo.

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