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Bar Sport: un bar smort

Bar Smort

Bar Sport di Stefano Benni è più di un libro, è storiografia del quotidiano. Un testo che 35 anni fa raccontava un mondo che oggi non sembra esistere più, tanto è vero che l’autore ne propose poi una versione rimodernata. Confrontarsi con un cult del genere non è facile e la struttura multi-racconto non facilita le cose. Forse sarebbe stato meglio riscrivere una storia ispirata a quel libro, tradendolo un po’ (come fece ad esempio Luciano Ligabue quando adattò in Radiofreccia i racconti di Fuori e dentro al borgo).

Il regista Massimo Martelli, invece, prova a restare fedele alle parole dello scrittore bolognese. Per riuscirci si aggrappa anche all’uso di voce fuori campo, cartoni animati ed effetti visivi surreali. In alcuni momenti si ride e anche i fan di Benni e del suo stile eccessivo e pantagruelico saranno soddisfatti dalle soluzioni adottate che trasformano gli attori (ma anche gli oggetti in scena) in qualcosa che può ricordare i fumetti strabordanti di Jacovitti grazie a immagini iperboliche e grottesche. Ma alla lunga i personaggi sembrano sempre più dei Looney Tunes imprigionati nei loro karma ristretti, destinati a inseguire eternamente invano il loro obiettivo, e incapaci di reggere un vero e proprio film. Le macchiette di Bisio, Battiston, Finocchiaro e soci svolgono il compitino, ma manca un po’ della carica firmata Benni, ricordando più il registro comico della piazza televisiva Zelig, perdendo energia man mano che i minuti passano e svanisce la speranza di ritrovarsi fianco a fianco dei personaggi originali. Alcuni passi sono privi di ogni senso e rilevanza, dalla piatta gita gastronomica al triste cameo di Teo Teocoli nelle panni del presunto latin lover.

Persino la Luisona sembra meno letale del previsto. Così quello che funziona di più sono proprio gli inserti a cartoon, soprattutto con la divertente e riuscita gara ciclistica. Forse solo affidandosi a un Jean-Pierre Jeunet o a un Michel Gondry si sarebbe riusciti ad avere un Bar Sport che accendesse davvero la sua insegna luminosa.

Curiosità
Stefano Benni ha commentato così il film: «È un’opera cinematografica che ha poco, pochissimo in comune con il mio libro. Vi prego, non mettete il dito nella piaga, non fatemi dire di più. Credo che, forse, altri miei testi si sarebbero prestati molto meglio ad una trasposizione filmica. Bar Sport è un libro che non possiede storia e per questo si presta ben poco a diventare pellicola. Sinceramente avrei preferito che non lo girassero».

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