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cultura dell'immagine e della parola

Per un pugno di film
Venezia 68 – 2/09

Keira Knightley in una scena del filmSiamo gente che per un pugno di film finisce dritta nella gola del canyon, anche quando è chiaro come il sole che inizieranno a piovere frecce. Con Cronenberg è andata esattamente così. Era quasi scontato che sarebbe successo, perchè la voglia di trovare il tesoro è incosciente. Soprattutto quando uno dei registi più psicotici e perturbanti del cinema decide di raccontare la storia della nascita della psicoanalisi. E lo fa con linee nette, luminose, e inquadrature che sono quadri surrealisti: Cronenberg cambia pelle, di nuovo.

Mentre nella memoria fanno fatica a scolorire le immagini sporche e carnali di La promessa dell’assassino, ci troviamo davanti la pulizia e il rigore di Magritte: Jung ritto e rigoroso nel suo completo nero assomiglia all’uomo in nero e senza volto di tanti quadri del pittore belga, i cieli azzurri e le finestre sulla campagna ricordano quelli dei suoi dipinti, così come quella luce che dimentica quasi le ombre. Il surrealista utilizzava una estrema fedeltà naturalistica per scatenare dei cortocircuiti visivi e onirici, così Cronenberg lucida il suo sguardo da sempre impastato e ossessivo, lo normalizza in maniera formale; ed era l’unico modo, l’altra faccia della sua luna cinematografica. Raccontare la nascita nel mondo, regolare, scientifica, ufficiale, della materia di cui ha nutrito da sempre i suoi film necessitava di un linguaggio che è uguale e contrario a quello utilizzato fin’ora.

E per raccontare il nocciolo del suo cinema – troppo forse, l’intrico tra parricidio, genesi creativa, perversione sessuale, malattia della mente, del corpo… – utilizza la donna, folle, creativa, turbativa, Sabina, contro il rigore della norma, del maschile, di Freud e Jung, che rimangono, alla fine, divorati. E come lo stesso Jung insegna, l’arte è femminile quanto la regola è maschile. Qui l’arte è per Cronenberg uno strumento narrativo: così la pittura di Magritte e Schiele, intravisto negli schizzi delle donne oscene disegnate da Otto; così il teatro e la letteratura: il film è tratto da una piece, The talking cure, a sua volta ispirato a un libro di John Kerr, e la sceneggiatura ha potuto contare sul fitto carteggio tra i padri della psicoanalisi.

Il baratro è profondo e A dangerous method è una Sfinge: invece di colpirmi con la violenza, la violenza che mi attendevo dalla creatura Cronenberg, decide di pormi un indovinello sul suo cinema, una sfida eccitante, pericolosa. Questa volta dovrò trovare la risposta giusta, per non farmi divorare.

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