hideout

cultura dell'immagine e della parola

Aspetta e spera
2 settembre 2011

Viggo Mortensen in una scena di A dangerous methodNon nascondo che avrei sperato in un livido più grosso, più profondo, più blu, dopo la visione di A dangerous method di David Cronenberg. A dirla tutta, intiepidito dal film (aspettavo, invece, di uscirne bruciato, ustionato, lacerato), ho pensato che il livido fosse già passato, come quando ci metti sopra il ghiaccio, per farlo sgonfiare. Sì, sono uscito un po’ sgonfio e anche se sono passate un po’ di ore, ammetto che la temperatura è risalita di poco. Resto in attesa di capirci di più, sperando di cogliere nelle parole di altri, negli sguardi di altri, intuizioni che mi facciano aprire gli occhi. Per ora ho visto questo: un film che mette in scena in modo rigoroso, freddo, luminoso (mai visto un film di Cronenberg così luminoso!), a tratti ironico, l’amicizia degenerativa tra Jung (Fassbender) e Freud (Mortensen) e la relazione clandestina e sentimentale/carnale tra Jung e la sua paziente Sabina Spielrein (Keira Knightley): ledi, che si presenta col demone sotto la pelle, che ribalta come un calzino Jung e vola via libera come una farfalla (o una mosca).

L’impianto sembra perfetto, pulito, netto, come uno specchio nel quale cercare l’immagine di se stessi; come uno specchio che vuole provare a dire la verità, a dare delle risposte, in un film che si fonda sul desiderio dell’uomo di trovarle, queste risposte, di colmare la sete di sapere. In fondo Cronenberg torna a raccontare le sue ossessioni. Lo fa in un modo insolito, forte, ma che attendo di raggiungere completamente.

L’altro film in Concorso, Alps, di Yorgos Lanthimos, esponente della Nouvelle Vague greca (mi parlano bene del suo film disperso Dogtooth, che non ho visto), nonostante una stranezza di fondo che rende il film molto impermeabile, mi ha incuriosito e spaventato. Racconta (ancora una volta, l’ennesima in questa Mostra, ma l’ennesima di queste Mostre!) la deriva dell’uomo che, dopo la morte, ha il coraggio di trovare il sostituto dei suoi defunti. E, ovviamente, c’è chi si sostituisce!
Un film sporco, ruvido, chiuso spesso sui primi piani, asfissiante e maleodorante. Se voleva essere così, ha reso bene l’idea.


Simpatico, leggero, semplice e anche semplicista è Scialla! di Francesco Bruni,
primo lungometraggio da regista dopo le tante esperienze da sceneggiatore (con Virzì). Bentivoglio e la Bobulova si divertono a farsi prendere in giro e il giovane esordiente Filippo Scicchitano funziona bene nella parte del coatto in cerca di riscatto. Il film è costruito su un buonismo a tratti ingenuo che però fa sorridere, tratta un tema non stupido e lo fa pure con un certo pudore, senza sprofondare troppo nel paternalismo. E racconta la vicenda di un padre…

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»