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Una fiaba da incubo

Una fiaba da incubo

Saorse Ronan (che si legge Sirscia!) è una delle attrici più interessanti della sua generazione. Classe 1994, accanto a nomi come Chloe Moretz, Elle Fanning e Abigail Breslin, ha dimostrato che la giovane età non è di certo un ostacolo alla possibilità di mettere in scena una vasta gamma di emozioni. Bravissima in Espiazione (Atonement, 2007) e Amabili resti (The Lovely Bones, 2009) ha già alle spalle (e di fronte a sé) una carriera di tutto rispetto. Joe Wright è uno dei registi di maggior talento della sua generazione. Elegante, musicale, riesce a muovere la macchina come se dirigesse una partitura. Tra i suoi maggiori meriti c’è quello di aver dato a Saoirse Ronan la prima vera occasione da protagonista in Espiazione, un film criticato per la sua propensione al melodramma (magari un po’ troppo cercato), ma dal grande impatto visivo e dalla fine messa in scena.

Ritrovare questi due talenti insieme poneva di certo grandi aspettative, aumentate dal tipo di protagonista: una ragazzina “capace di menar le mani”. E diciamolo subito: senza la Ronan questo film non si sarebbe neanche potuto pensare. Il suo aspetto selvaggio e al contempo delicato, la determinazione e la grinta che traspaiono da ogni suo movimento, e il suo sguardo intenso e melanconico, sono tutto ciò di cui Hanna aveva bisogno. Un ingrediente già vincente, unito poi all’eleganza della messa in scena e supportato dalla meravigliosa colonna sonora dei Chemical Brothers, che in almeno in un paio di scena domina il montaggio e la macchina da presa (la fuga dal centro di detenzione e la lotta di Eric Bana in piano sequenza nella metropolitana).

Per queste ragioni, senza dimenticare la presenza dalla straordinaria e indimenticabile villain interpretata da Cate Blanchett, la visione di Hanna è quanto mai consigliata, soprattutto a chi vuole capire la differenza tra una regia convenzionale e una regia virtuosa/virtuosistica. Peccato che tutto questo dispiegamento di forze sia inficiato da una sceneggiatura non all’altezza, ambiziosa e sconsiderata nell’uso degli archetipi della fiaba. I fratelli Grimm sono tirati in ballo apertamente fin dall’inizio per raccontare questa fiaba che si trasforma in un incubo, quando bastava una maggiore delicatezza e magari quale salto logico in più nel raccontare la scoperta del mondo da parte dell’eroina. E quando “la strega cattiva” compare dalla bocca del lupo per lo scontro finale, si rischia di entrare nel ridicolo. Rimane comunque un film elegante e ricco. Da vedere e da criticare bonariamente.

Curiosità: Joe Wright deve essere un grande fan del colore verde. Dopo il vestito verde sgargiante di Keira Knigtley in Espiazione (chi l’ha visto non può averlo dimenticato) in Hanna mette nel guardaroba di Cate Blanchett cappotto, guanti da cucina e scarpe verde ottano. Che sia una sua ossessione?

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