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cultura dell'immagine e della parola

Scenes from the Suburbs di Spike Jonze

Sceneggiatura: Spike Jonze, Win e Will Butler
Regia: Spike Jonze
Produzione: Vincent Landay
Produttori esecutivi: Arcade Fire e Scott Rodger
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Jeff Buchanan
Musica: Arcade Fire
Anno: 2011

Un’anteprima di 48 ore su MUBI, per uno streaming online che ha avuto il sapore dell’evento speciale, del tipo che in televisione rivoluziona il palinsesto per una giornata. Lo short film di Spike Jonze era stato annunciato a febbraio al Festival di Berlino, dopo il rilascio del videoclip di The Suburbs, che ha rappresentato una sorta di “teaser trailer” per il medio metraggio, così come il singolo ha introdotto temi e toni dell’ultimo album omonimo degli Arcade Fire. Inevitabile che con Jonze cinema e videoclip si intreccino e confondano. Scenes from the Suburbs riesce a tradurre lo stato d’animo dell’album musicale in immagini, trasforma il concept del disco in una mezz’ora di frame che si legano a singhiozzo.

A singhiozzo, perché sono schegge, alla fine, forse più evocative di quanto non fossero nel videoclip: la voce narrante e la memoria sono quelle di Kyle, che ripercorre con gli occhi della mente l’estate in cui tutto cambiò. Ogni flash è un ricordo, ogni dissolvenza in nero un battito di ciglia. Come per The Suburbs, anche in Scenes, e come in gran parte della produzione di Jonze, il cuore del racconto si aggroviglia attorno allo straziante momento di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Ma ancora di più, nel medio metraggio emerge una sfumatura sul tema che il regista aveva splendidamente rappresentato in I’m Here: la linea sottile che separa ciò che è umano da ciò che non lo è.

Kyle lo vede bene, mentre l’estate passa tra le strade e le case basse del sobborgo in cui vive. Lui e Winter (un nome che eccheggia un destino in cui il sole tramonta e a dominare è il freddo) erano abituati a capirsi, a condividere la loro età, fino a che qualcosa, in città, inizia a cambiare. L’elemento disumano entra nelle loro vite a spaccare gli equilibri e a dare un nuovo corso alla storia: uomini armati, militari, poliziotti, carri armati e mani che imbracciano fucili, maschere senza occhi, oscurati dalle lenti da sole, visi inespressivi, coperti da passamontagna neri. Se l’umanità dei ragazzi risiede nella loro fanciullezza e nelle loro risate, nelle loro espressioni così convincenti e verosimili (sebbene tutti siano attorni non professionisti), l’alterità mostruosa degli adulti si esprime nella loro aridità espressiva, nella violenza del dominio, unico modo di rapportarsi che conoscono. Nella totale insensatezza del gesto aggressivo.

Si sta scatenando una guerra senza nome, che tiene prigionieri i ragazzi e li trasforma. È Winter a iniziare per primo il suo percorso verso la disumanità, che lo cambia in un essere cieco, freddo, aggressivo e solitario. Come un umano che ha perso la capacità di entrare in contatto con i suoi simili. Quasi come per un rituale magico, Winter sa che presto dovrà “partire”. E per questo evita lo sguardo di suo fratello, “che ormai non è nemmeno umano”, per questo non vuole svelare il suo nome al militare che gli sta gridando in faccia mentre lo perquisisce. Sa di doversi difendere, perché sente che sta per cambiare. E Kyle, spaventato, compie il peccato d’ingenuità rivelando il suo nome e di fatto consegnandolo ai “mostri”. Gli adulti. Gli aerei passano sopra il sobborgo. Volano oltre, dentro a un mondo ancora sconosciuto ai ragazzi, dove nessuno di loro potrà essere al sicuro. Quell’estate è stata l’ultima in cui Kyle non aveva dubbi: sapeva di amare gli umani perché si era sempre sentito umano. E si tiene aggrappato con disperazione a questa memoria, cercando di custodire dentro di sé il calore dell’umanità che l’inverno si è portato via.

Curiosità
Scenes from the Suburbs sarà disponibile come bonus in un’edizione deluxe dell’album The Suburbs che ancora non ha una data di pubblicazione.

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