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The Housemaid: Una “colf-fatale” tra thriller e melò

Una “colf-fatale” tra thriller e melò

Remake dell’omonimo film del 1960 del regista sud coreano pluricensurato Kim Ki-young, The Housemaid ne rovescia il punto di vista narrativo dal rapporto tra padrone-serva al conflitto tra classi sociali, dando maggiore rilievo alle figure femminili. Il prologo nei quartieri popolari quasi documentaristico con riprese a mano, luce naturale e rumori di strada muta radicalmente con l’ingresso nel mondo dei ricchi illustrato con colori freddi, luci soffuse e inquadrature raffinate. Il set è una villa lussuosa e minacciosa dove tutto si svolge in silenzio e in cui i protagonisti, quasi come in un tableau vivant, ripetono con distacco gesti rituali, sorseggiando vino pregiato, sfogliando libri d’arte e ascoltando musica lirica. In questo ambiente l’ingenua e infantile “colf-fatale” porta la sensualità popolare facendo vacillare anche le immagini che per un attimo diventano sbilenche. La parabola discendente della domestica è segnata dalla regia che prima la schiaccia con riprese dall’alto in spazi immensi, poi le concede illusoriamente la scena e da ultimo, ormai ostaggio di una classe sociale, la imprigiona in un’amara posizione dominante nel finale, visivamente e simbolicamente, possente.

Dal thriller erotico al surrealismo
Oltre Jeon Do-yeon, già miglior attrice a Cannes 2008 per Secret Sunshine (Lee Chang-Dong), che riesce con malizia a rendere le diverse sfaccettature di Euny, da rimarcare la prova di Youn Yuh-jung che interpreta l’anziana governante, tragica, umiliata ma anche parodia e testimone a carico (spesso ripresa in primo piano di spalle davanti alla famiglia) di una casta che la disgusta. Per aumentare la sensazione di mistero e distanza tra i protagonisti, Sang-Soo dispone primissimi piani al lato dell’inquadratura e una controscena sullo sfondo, con continue variazioni di fuoco mentre i gesti violenti, fisici e psicologici, esplodono secchi e inevitabili come nei noir di Chabrol. Dopo una prima parte intrigante, la seconda, barocca, compiaciuta e dai tempi dilatati, evidenzia cedimenti e ripetizioni che minano l’unità stilistica e allentano la tensione; la promessa di un thriller erotico (da camera) gradualmente lascia il posto ad un dramma stilizzato nell’estetica del melò con epilogo surrealista.

Curiosità
Il film ha ricevuto il premio speciale della giuria al Courmayeur noir in festival 2010 ed era in competizione ufficiale al Festival del cinema di Cannes. Il regista Sang-soo ha acquisito notorietà internazionale con La moglie dell’avvocato (Baramnan gajok, 2003) presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Nella scena finale il quadro donato alla bambina è ispirato ad un’opera di Robert Indiana intitolata Marilyn in omaggio alla Monroe. Il personaggio della figlia Nami è annunciato come il protagonista del previsto sequel.

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