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Schegge da Cannes: We Need to Talk about Kevin

Tilda Swinton sul red carpet di CannesDopo l’annunciato film – scandalo di Julia Liegh, Sleeping Beauty (accolto peraltro senza troppi clamori dalla stampa internazionale), ecco invece passare la seconda pellicola del concorso ufficiale, We Need to Talk about Kevin, della regista scozzese Lynne Ramsay, che alle proiezioni per i giornalisti ha ricevuto invece molti applausi. Tratto dall’omonima novella del 2003 di Lionel Shriver, il film si focalizza principalmente sul dramma psicologico di una madre, interpretata dall’ottima Tilda Swinton, che cerca di convivere con il Male assoluto, che in questo caso ha le sembianze del primogenito Kevin, capace di arrivare, ormai sedicenne, ad uccidere alcuni compagni di liceo.

Ma la storia parte più da lontano, dal momento post parto, quando è la stessa madre a subire il primo crollo nervoso e che inevitabilmente va (forse) a contagiare anche il bambino fin dai primi anni di vita, ed è lei stessa a condurci in ansie, inquietudini, frustrazioni, per un figlio che inizia a subito a mostrare i primi squilibri (non sorride, distrugge in maniera mirata) che lo porteranno drammaticamente a diventare un personaggio solitario, cinico, incapace di instaurare rapporti, se non quello (apparentemente complice) con il padre, interpretato da John C. Reilly. Un padre che però non si accorge di nulla e che anzi non solo lo stimola gratificandolo, ma addirittura (inconsciamente) lo incoraggia a fortificarsi introducendo al tiro con l’arco, uno sport che diverrà col tempo l’arma micidiale per il protagonista, strumento per elevarsi sopra la massa. Una pellicola che è anch’essa difficile da metabolizzare per lo spettatore, sia psicologicamente che moralmente, soprattutto per come affronta le tematiche più diverse, dall’incapacità di azione nei confronti di una persona disturbata in maniera bipolare, fino al riuscire a stargli accanto, anche dopo aver compiuto un massacro terribile e aver ucciso il padre e la sorellina più piccola. Forse quel rapporto, mai nato in tanti anni, partirà proprio dalla fine.

Durante la pellicola non assistiamo per esempio al massacro nella scuola (come per esempio nell’Elephant di Gus Van Sant), culmine della violenza assurda di Kevin, ma a un susseguirsi cronologico degli eventi, visti dallo sguardo della Swinton, e per questo ancora più drammatico, davvero brava in questa interpretazione che potrebbe anche portarla a concorrere al premio di miglior attrice del festival, un ruolo di potenza psicologica molto interessante, ma anche di grande umanità. Da segnalare il giovane diciottenne Ezra Miller, ottima incarnazione di una certa generazione ai margini e dalle sfumature ancora nascoste, un nome di cui certamente sentiremo ancora parlare.

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