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Un mito che non tramonterà mai

Un mito che non tramonterà mai

Spunti e citazioni western di Riccardo Vanin ******

Un western tirato a lucido, quello di Gore Verbinski. Digitalizzazione e zoomorfismo sono al servizio della grande causa di cui la produzione di Rango si è presa carico: conciliare il vecchio mito del West, che aveva perso del tutto lo smalto, con i nuovi modi di fare e vedere il cinema. Ne esce un film d’animazione digitale strabordante, che auto-ironizza prendendosi sul serio. La fascinazione per i simboli di un tempo e il gusto di raccontare storie come si faceva una volta, sono le molle che muovono tutto il film.

Quello che si racconta non è rilevante, l’importante è crederci, così come gli abitanti di Polvere credono alla storia del millantatore camaleonte al suo arrivo, secondo la quale avrebbe accoppato sette fratelli con una sola pallottola. Così come non è importante chiedersi il significato delle metafore che il film propone, e su cui giustamente ironizza; il punto è che sono delle scemenze incredibili, che hanno però l’influenza che avrebbe una mediocre fiaba su un bambino: quella di sorprendere. Il passaggio “dall’altra parte”, lo Spirito del West non sono che un retaggio del passato, falso quanto suggestivo. E già che siamo in spirito revisionista ci sta anche la morale vecchio stampo sulle “azioni che misurano l’uomo”. Questo gusto del raccontare per il gusto di raccontare si ritrova nel citazionismo sfrenato che traspare anche a uno spettatore medio. Oltre a tutte le situazioni, duelli, stalli alla messicana, fughe in diligenza che nel Western sono ormai di rito, il film pilucca situazioni e trovate anche da tutt’altra parte e tutt’altro genere. Due citazioni musicali in particolare strappano l’applauso: lo stormo di pipistrelli con i cattivi armati di mitragliatrici che sparano sui protagonisti in fuga è accompagnato dall’impeto di ascendenza coppoliana della Cavalcata delle Valchirie di Wagner; e subito dopo c’è Strauss, con il suo valzer Sul bel Danubio blu, mentre Rango, preso al lazo dai suoi inseguitori volanti, volteggia per aria come le astronavi e i satelliti di 2001 – Odissea nello spazio.

Così facendo, il film funziona alla grande per tre quarti della durata con battute irresistibili, fughe e sfide rocambolesche, per un entertainment assicurato. Ma alla lunga il suo incedere per accumulazione fa perdere al film in solidità e quando questo si trova a dover fare i conti con un problematico confronto tra il vecchio West e il mondo dei grattacieli e dei campi da golf annaffiati da irrigatori automatici, Rango pone il problema, ma non ci ricava alcuno spunto o riflessione interessanti.

La fiaba del West di Sara Sagrati ********

«Chi sono io?» Questa la domanda che si pone Rango, camaleonte (anche se sempre definito lucertola) in crisi di identità. Il viaggio, le avventure, le amicizie lo aiuteranno a capirlo, come in ogni favola che si rispetti. D’altronde stiamo parlando di un cartone animato indirizzato ai bambini. Su questo piano Rango funziona perfettamente, inventando un modo del west da favola dark, con abitanti insettiformi e cattivi pennuti e squamati. D’altronde si sa, ai bambini i mostriciattoli piacciono.

«Chi sono io?» Questa la domanda che si pone il genere western. Gore Verbinski con Rango costruisce un’operazione cervellotica e intelligente. Usa l’arma della citazione e realizza un compendio sulla storia del western, praticamente una sua esegesi. Gli omaggi e i rimandi non sono mai fini a se stessi e seguono un percorso che porta lo spettatore dagli albori del genere (il mito della frontiera), fino alla sua rocambolesca fortuna (rapine alla diligenza, cavalcate verso terre selvagge, sceriffi coraggiosi), fino al declino crepuscolare di un paese che ormai aveva perso l’innocenza e che aveva bisogno di evocare i fantasmi del passato per sentirsi ancora grande. D’altronde si sa, che ai cinefili le dissertazioni semantiche sulla degenerazione dei generi (e del divismo) piacciono.

«Chi sono io?» Questa la domanda che si pone il Cinema, inteso come industria e come spettacolo in grado di intrattenere e far pensare milioni di spettatori in tutto il mondo. Verbinski a suo modo risponde con un film di grande impatto spettacolare, divertente, ma al contempo cerebrale e colto. Come se l’unico modo di fare cinema oggi sia ritrovare il coraggio di osare e di ritrovare, nel passato, un nuovo modo di guardare avanti. In questo modo anche un cartoon cinefilo e cervellotico come Rango riesce a lavorare su più livelli, dalla favola western per bambini alla dissertazione sociologica della nostra (di tutti) propensione a farci governare, perdendo la capacità di procacciarci il nostro sostentamento. D’altronde si sa, alla gente piace vedere film di intrattenimento capaci di far (involontariamente) riflettere.

Curiosità
In originale Rango è doppiato da Johnny Depp, ormai socio fisso di Verbinski, e Borlotta dall’attrice australiana Isla Fisher. Presta la sua voce nel film anche la giovane candidata al premio Oscar per Little Miss Sunshine Abigail Breslin.

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