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Alquanto risibile questo supereroe

Alquanto risibile questo supereroe

Michel Gondry si è preso una pausa. Nel 2004 aveva girato uno dei film più importanti e innovativi degli ultimi dieci anni, The Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Negli anni successivi si era dato un gran da fare, nelle vesti di regista e sceneggiatore, con i commoventi L’arte del sogno e Be Kind Rewind. Con il suo nuovo The Green Hornet, il regista francese ha reso omaggio alla serie tv Il calabrone verde, che lanciò Bruce Lee nei panni di Kato. Un omaggio è, nulla di più. Gondry trascura i temi a lui cari dell’incanto simil-adolescenziale per il mondo, della costruzione mentale dell’amore e del conflitto tra reale e onirico-fantastico, per girare un film disimpegnato nei contenuti e goliardico nella forma.

Lascia certamente una sensazione di vuoto se si cerca di trovare un messaggio o uno spunto di riflessione. È un film di supereroi o una parodia del medesimo genere? Se ne uscirebbe pazzi a dare una risposta secca a questo interrogativo, perché il film non è né l’uno né l’altra. Si divide tra una comicità, spesso irritante – che mira a scalfire la proverbiale integrità morale del supereroe, rivelandone l’umana stupidità – e una reale serietà d’intenti da parte dei protagonisti di sconfiggere la criminalità. È un film-citazione che ricalca (ma non sovrasta) la linea già seguita nel precedente Be Kind Rewind (2007), in cui, in uno spasmodico attacco di cinefilia, Michel Gondry si divertiva a far ricostruire artigianalmente ai suoi protagonisti innumerevoli titoli, da 2001 – Odissea nello Spazio a Ghostbusters. The Green Hornet non è solo un remake dell’omonima serie televisiva, ma pullula in ogni fotogramma dei più insulsi e consueti luoghi comuni dei film d’azione: la metamorfosi dell’eroe (da giovane scapestrato a giustiziere mascherato), il cattivo che più cattivo non si può (interpretato dallo Hans Landa di Bastardi senza gloria), una lei da conquistare – come sempre bella e intelligente -, la turpe morte dei malvagi e, infine, i combattimenti di Kato che sembrano uscire da Matrix (già parodiato in una sequenza memorabile di Shrek).

Si fa fatica a non cedere all’irritazione di fronte agli atteggiamenti infantili dei protagonisti, ma anche del regista che si trastulla dall’inizio alla fine tra citazioni e contro-citazioni. Ma se si supera questa fase, si può trovare nel film un ritmo travolgente cadenzato da una colonna sonora rock che non risparmia musicisti del calibro degli Stones e dei White Stripes. Nelle scene d’azione lo stile sincopato, abituale in Gondry (che, ricordiamolo, viene dai videoclip) non delude e il talento visivo del regista si fa vedere, eccome. Come quando lo schermo si scompone in una decina di parti diverse coordinate alla perfezione tra di loro. The Green Hornet è perciò un film prettamente da sala cinematografica (anche per questo il 3D aggiunge un che al godimento disimpegnato). Una visione casalinga svilirebbe quel poco di buono che c’è, cioè la presenza di Gondry, dal quale però la prossima volta c’aspettiamo di più.

Curiosità
Breve comparsa per James Franco, non accreditato nei panni di Danny “Crystal” Clear, piccolo criminale che non vuole rendere conto di nulla al sanguinario boss Chudnofsky. Verrà ucciso da una bomba esplosa nel suo locale.

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