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Amore e morte: lo stesso miraggio

Amore e morte: lo stesso miraggio

Sebbene il precedente Basta che funzioni avesse seminato nel finale qualche traccia di speranza, qualche impronta, nemmeno troppo velata, di marcato ottimismo (in fondo in quel film ciascuno trovava il suo posto/senso nella vita), questo ultimo film di Woody Allen sembra andare nella direzione opposta. O forse, dipende da che punto si vuole osservare l’intera vicenda, non priva di colpi di scena. Come spesso accade nel cinema di Allen ci si trova di fronte a un film prospettico. Partiamo dal titolo. Dal punto di vista dell’originale You Will Meet a Long Dark Stranger (e non il più banale, fuorviante e commerciale Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni), il film finisce male. Infatti, qui, non si assiste a nessuna morte reale. Ci sono diverse tipologie di morte (spirituale, professionale, dei desideri, dell’amore, delle ambizioni, …) ma nessuna, anche quella più temuta (da parte di Alfie Shepridge – Hopkins) o quella più sperata (da parte di Roy – Josh Brolin) si manifesta realmente. Come fa notare Roy: «Incontrerai lo stesso estraneo alto e bruno che prima o poi incontriamo tutti» rispondendo alla suocera Helena (Gemma Jones) che invece spera di “sostituire” il marito Alfie con un nuovo amore alto e bruno, la morte è un personaggio importante ma mai effettivamente vero. Quindi, purtroppo o per fortuna, la morte non si incontrerà e resterà solo una paura, un miraggio, un’illusione.

Come l’amore, che è l’altra causa scatenante di questo cosmo caotico (l’ennesimo cosmo-caos creato da Allen nel quale l’uomo perde ogni convinzione e, forse, umanità), nella duplice veste di desiderio e illusione. Tutti i personaggi sono vittime di eros e thanatos senza esclusione di colpi. Alfie, raggiunta una certa età e raggiunta una dose di ansia quantitativamente ingombrante, inizia a mangiare solo cibi sani e non vuole sentirsi dire dalla moglie, Helena, che non è più un ragazzino. Non vuole affrontare la realtà e per questo decide di liberarsi della moglie e cominciare una nuova vita, catapultando tutti coloro che lo circondano nel caos più totale, dalla figlia Sally (Naomi Watts) alla nuova gommosa compagna Charmaine (Lucy Punch). Non molto diversa la vicenda di Sally e Roy, vittime certamente dei cambiamenti dei genitori di Sally ma pure dei loro desideri repressi. O della cruda realtà del presente: lei vuole un figlio perché ne ha bisogno, ci dice, lui non vuole un figlio perché ha bisogno di sentirsi apprezzato, considerato, messo su un piedistallo, ci fa capire. La coppia scoppia nell’apice del proprio egocentrismo/egoismo ma lo fa seguendo direzioni diverse: lei s’innamora del suo capo, il gallerista Greg Clemente (Antonio Banderas), lui s’innamora della ragazza della finestra di fronte Dia (Freida Pinto). M anche qui il caso, la vita (secondo Allen) porta sorprese. Non è un caso che le inquadrature tagliate dalla tapparelle, le intrusioni proibite e le visione negate rappresentino uno dei momenti più significativi dell’intero film insieme al colpo di scena finale che ricorda molto quello di Match Point, con un ribaltamento di prospettive estremo e sconvolgente. Due forti esempi lasciati, tuttavia, un po’ soli.

Dietro a tutto e dietro a tutti si muove silenziosa, ma non troppo, la mano di Allen (che in questo film sembra scegliere come alter-ego sia Anthony Hopkins, sia Gemma Jones, sia la chiromante Cristal interpretata da Pauline Collins) che sembra voglia spingere i personaggi verso il punto di non ritorno (lo sconosciuto alto e bruno) ma che in realtà spinge tutti a fare chiarezza nell’oscurità caotica della propria vita. Il suo film prospettico, alla fine, offre a tutti i personaggi la possibilità di confrontarsi con la verità e con la realtà. Assurda, desolante e spietata per qualcuno. Rassicurante e consolante per altri. Alla fine: qualcuno muore, qualcuno risorge, altri continuano a non capirci niente e proseguono nella fuga. Amarezza schiacciante, simpatia da scoprire, visione curiosa e divertente. Si riscopre Londra, si ritrova la pittura, l’opera, la crisi artistica e il blocco creativo, il riscatto sociale. La beffa. Insomma, Woody Allen.

Curiosità
Il film inizia e finisce con una citazione presa da Macbeth: “Una storia ricca di suoni e furia, priva di significato”. Allen spiega: «Tutti i personaggi si affannano per dare un senso alle loro vite, e trovano ambizione, successo e amore. Non fanno che correre, scontrarsi tra di loro, farsi male, fare errori – un caos costante. Ma alla fine, dopo cento anni, tutti coloro che sono stati sulla terra insieme a loro, saranno morti e sepolti e dopo altri cento anni, ci sarà una nuova generazione di persone. E dopo tante ambizioni e aspirazioni, plagi e tradimenti, ciò che un tempo sembrava avere tanto senso, non ne avrà più alcuno. Tra tanti e tanti anni, il sole si esaurirà e in seguito anche l’universo sparirà. E anche se trovassimo una pillola che ci fa vivere per sempre, quel “per sempre” resterebbe comunque un concetto finito, perché nulla dura per sempre. È tutto rumore e furia, e alla fine non vuol dire nulla».

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