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cultura dell'immagine e della parola

Torino Film Festival
Diario 2010, Giorno 9

Una scena da HereafterAlla fine ha vinto Winter’s Bone. La giuria del concorso Internazionale Lungometraggi del Torino Film Festival 2010, composta da Marco Bellocchio (Presidente), Barbora Bobulova, Michel Ciment, Helmut Grasser e Joe R. Lansdale, non ha avuto dubbi: all’unanimità ha scelto di premiare il film Debra Granik, adattamento cinematografico del romanzo di Daniel Woodrell Un gelido inverno. Jennifer Lawrence, protagonista femminile dello stesso film, è stata premiata come miglior attrice in ex-aequo con Erica Rivas di Por tu culpa, mentre il premio per la miglior interpretazione maschile è andato a Omid Djalili (The Infidel) . Altre menzioni, particolarmente importanti: il Premio Speciale della giuria è stato assegnato ex-aequo a Les Sines Vitaux di Sophie Deraspe e a Las Marimbas del Infierno di Julio Hernàndez Cordòn, mentre Small Town Murder Songs di Ed Gass-Donnelly si aggiudica il Fipresci dei critici.

Con la premiazione finale si chiude dunque un TFF che non ha deluso le aspettative, sia per quanto riguarda la qualità dei film sia per il successo di pubblico (con un buon +15% rispetto all’anno scorso). Un Festival che come sempre è riuscito a integrare un buon cinema d’autore con quello più di “genere” (la sezione Rapporto confindenziale era appunto incentrata sull’horror) e relagando veri momenti di grande cinema, come nella retrospettiva integrale dedicata a John Huston.

Nell’ultimo giorno di Festival, oltre alla proclamazione dei premi, l’altro grande evento era la proiezione in anteprima europea del nuovo lavoro di Clint Eastwood, Hereafter, che molti già considerano una sorta di “svolta mistica” del regista americano. Un film sicuramente spiazzante, intimissimo, che più che raccontare vuole interrogare. Senza dare giudizi definitivi, quello che possiamo dire è che Hereafter, scritto da Peter Morgan (The Queen, Frost/Nixon) e co-prodotto da Steven Spielberg, cerca ambiziosamente di tracciare i confini fra la vita e la morte, e anzi, di più, prova a buttare anche un occhio un pò più in là (o meglio, nell’aldilà), esplorando una dimensione quasi metafisica ed universale e servendosi di tre storie e tre personaggi distinti fra di loro, ma che saranno inevitabilmente destinati ad incontrarsi. Immagini potentissime (soprattutto nell’indondazione vorace dello tsunami) alternate a uno stile più sobriamente classico. Quello che emerge è forse un altro piccolo gioiello di un regista che, a 80 anni suonati, sembra non voler mollare il timone, ma anzi, lo vira tutto a dritta, navigando con la solita maestria fin dentro il più grande mistero irrisolto dell’umanità.

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