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Quel treno per Stanton

Quel treno per Stanton

È ancora una volta sui binari dell’adrenalina che Tony Scott fa correre il suo carrozzone cinematografico dopo Pelham 1 2 3, che con questo Unstoppable condivide (guarda un po’) rotaie, protagonista e perfino artwork della locandina. Il regista inglese stavolta vira però dal thriller al disaster-movie buono per tutte le stagioni, ambientato nel mondo delle ferrovie statunitensi e dove il cattivo non è l’imbolsito Travolta ma un convoglio senza conducente che, non ci si crede, se la gioca col buon John in quanto a espressività. Il sottotitolo (Fuori controllo) dà la cifra del film al quale la sceneggiatura aggiunge poco: tratto da un fatto di cronaca accaduto nel 2001 – che smentirà gli scettici che riterranno poco credibile quanto accade sullo schermo – vede il mastodontico convoglio-merci cominciare una corsa all’impazzata in direzione della cittadina di Stanton, carico di fenolo puro altamente esplosivo, senza che nessuno riesca a fermarlo. Sulla sua strada si trovano Frank Barnes e Will Colson che, interpretando il classico binomio veterano-recluta, si lanciano al suo inseguimento, aiutati a distanza da Connie Hooper, dirigente riottosa al cinismo di un’azienda preoccupata più al danno d’immagine che all’imminente catastrofe.

Fin qui la trama e un finale fin troppo scontato. Inevitabile, appena entri in sala, un confronto col precedente film di Scott ma anche col capostipite del filone, quello Speed che da anni non smette di ispirare epigoni più o meno all’altezza. Da questo punto di vista Unstoppable svolge il compitino, ma lo fa senza sforare l’ora e mezza, stritolato sì da una sceneggiatura che non lascia spazio a voli pindarici ma che ha il pregio di puntare sull’essenziale, e bene. Oltre l’action infatti c’è, in filigrana, un tentativo di Scott di indagare il mondo delle ferrovie, di chi vi lavora e dei background familiari dei due protagonisti. Non a caso, seppur lodevole, questa è la parte meno convincente: i momenti di pausa scavano nel privato della strana coppia ma in modo troppo marginale per incidere davvero.

Il tutto, insomma, si srotola lungo i binari del già visto, ma viene salvato dalla mediocrità dalla mano di Scott, chiamato a dirigere le operazioni: oltre al feticcio-Washington (che si limita a gigioneggiare la parte dello scafato ferroviere, regalando però alcuni momenti di comicità), il regista imbastisce novanta minuti che tengono alta la tensione sino alla fine. Certo, si abusa di camere a mano, zoom improvvisi, stacchi come pugni nello stomaco ma nel montaggio finale tutto fila e – con un budget di novanta milioni di dollari – gli effetti speciali ‘old school’, senza fare ricorso alla CGI, abbondano rendendo giustizia a uno spettacolo irruento ma mai caciarone, flirtando continuamente con la catastrofe senza mai inscenarla. Arrivato alla fine pensi che Unstoppable poteva essere un filmaccio e invece riesce a emergere dal girone dei b-movie: senza perdersi in lungaggini ne vien fuori un one-train-show in cui il protagonista, nella sua furia incosciente, è “quel bastardo” del treno. Il quale, grazie al conducente Washington e al capo-treno Scott, arriva sano e salvo al capolinea. Si scende!

p.s. Piccola postilla, dedicata a quella moda di raccontare il dramma servendosi dell’occhio alternativo delle TV con immagini da ‘live’ tele-giornalistico, inviati spocchiosi e un linguaggio così sopra le righe da risultare falso: basta, su…

Curiosità
Con quest’ultima pellicola il sodalizio Tony Scott-Denzel Washington (cominciato ai tempi di Allarme rosso) tocca quota cinque pellicole.

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