La famiglia vince sempre. Anche sulle bugie.
Il rifacimento di un film raramente riesce ad essere qualcosa di più di una minestra riscaldata, a meno che tale operazione non tenti di portare a compimento le potenzialità insite nell’opera di riferimento. Evidentemente non era questo l’obiettivo di Kirk Jones ed Everybody’s Fine, rispetto all’omonimo film di Tornatore, riesce unicamente a spingere il pedale del patetismo verso un finale stucchevole che nemmeno il regista siciliano aveva raggiunto.
C’è qualcosa di amaramente comico nel viaggio solitario di questo vedovo di mezza età, che dal fare una sorpresa ai suoi figli torna a casa carico di sorprese (e dopo aver quasi rischiato la vita). Il volto di Marcello Mastroianni è qui sostituito da quello di Robert De Niro, straordinariamente a suo agio nella parte del vecchio padre un po’ burbero e molto cieco, che per buona parte della sua vita ha ignorato le vicissitudini e le infelicità dei suoi figli, tenute accuratamente celate da una moglie-madre dal senso di protezione talmente ipertrofico dal nascondere “piccolezze” come l’omosessualità e la maternità di una delle figlie o la caduta di uno dei suoi ragazzi nel giro della droga. In realtà, Frank paga la colpa di voler fare il padre modello, tutto barbecue e piscine di plastica, per dei “bambini” che sono cresciuti e di cui lui non sa praticamente nulla, pago com’è stato per anni del bugiardo – stanno tutti bene – della moglie. Il viaggio-sorpresa si risolve in un completo fallimento, cosa che rispecchia non solo il fallimento di Frank come padre ma anche i singoli fallimenti dei suoi figli, che per il desiderio di renderlo orgoglioso gli anno nascosto matrimoni finiti o sogni delusi e irrealizzati. La lontananza geografica dei singoli membri di questa famiglia, sparsi in diverse città degli Stati Uniti, è quindi simbolo di una lontananza degli affetti, di una famiglia sfilacciata che proprio il vecchio Frank deve riunire, come i pali attraverso cui passano i fili del telefono o la corrente elettrica uniscono le città.
Il film abbonda di simbolismi davvero semplicistici, come quello della signora-compagna di viaggio del protagonista che rivela l’origine greca del suo nome, “verità” (ovvero quella che scoprirà Frank); così come decisamente puerile, anche se inevitabile visto il tenore generale della storia, è il finale alla “volemose bene”, che vede Frank godersi finalmente i suoi figli e nipoti. Classico film adatto a un clima pre-natalizio, tutto sentimenti e lieto fine, insignificante quanto qualcosa di già visto, stucchevole nel suo buonismo. Una storia che si dimentica non appena usciti dalla sala.
A cura di Saba Ercole
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