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cultura dell'immagine e della parola

La prima donna

La prima donna

Un’opera perfettamente definita: questo è Bhutto. La musica cadenza i tagli e le immagini, prese da vari documenti storici e intervallate da interviste. Si distinguono per una grafica efficace sia i titoli di testa, che i contributi digitali, utili a facilitare la collocazione geografica degli eventi. Un film commovente in diversi momenti, soprattutto quando il racconto è portato avanti dalla voce dei famigliari: dal marito e dalle figlie.

Si è detto di tutto e di più sul personaggio di Benazir, che letteralmente significa “unica”. E lo è stata, di certo. La prima donna che in grado di conquistare consenso popolare in un paese a maggioranza islamica. Benazir è diventata capo del governo proprio lì dove ancora vige la dura legge della “Shari’ah”. Eppure ce l’ha fatta, per ben due volte. Le interviste non sono solo di parte, ma spaziano dalla famiglia Bhutto, a quelle dei suoi “amici” americani, fino ai suoi rivali come lo stesso Musharaff. In una sequenza del film viene instaurato un dibattito, grazie al montaggio delle immagini, tra questi e la stessa Benazir.

Oltre alle lacrime, che vediamo scendere copiose dai volti, risuona disperata la voce corposa e carica di pathos della Bhutto. Una donna colta, ma che ha sempre rispettato il proprio paese e la sua religione, nonostante i lunghi studi tra Harvard e Oxford.

Vengono indagate poi le cause dei conflitti, basandosi sempre su fatti e opinioni contrastanti. Rimangono in oscuro alcuni personaggi, soprattutto gli americani e il loro operato. E come per la stessa Benazir, ci viene mostrato un lato dell’islam più democratico di quanto si possa pensare, meno integralista di quanto spesso ci restituiscano i servizi televisivi. In ricordo di una donna, ma soprattutto di una persona che si è spinta a ogni costo, in nome della democrazia e della ricerca della verità, contro la corruzione. Un tributo dunque a chi come lei ha sfidato la morte e pur perdendo, ha dimostrato che questa sua lotta non è stata vana e che la speranza non ha ancora abbandonato il suo amato popolo.

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