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Una voce dall’abisso

Una voce dall’abisso

“Marcin era morto. Io avevo i pidocchi. Cioè successe nello stesso momento, Marcin cagava sangue, stava morendo, beveva e cagava sangue. Io invece avevo prurito ovunque, dietro la nuca soprattutto.(…) Io stavo con Slawek, Slawek Raczinsky di Radom, Polonia. Mi ci portò Slawek in quel posto di merda, una casa a due piani, zona residenziale, bordello con mignotte dell’est, cuscini a forma di cuore, camere personalizzate, condom personalizzati, fellatio personalizzate. I pidocchi li presi prima comunque. (…) Stavo con un polacco di nome Slawek, professione: semaforista”.

Forse è più eloquente di qualunque recensione questo incipit/estratto di narrazione da Sangue di cane, primo romanzo di Veronica Tomassini per la casa editrice Laurana, neo-nata da un’idea dell’amministratore delegato di Melampo Calogero Garlisi. Un romanzo veloce e ispido, scritto come una lunga lettera da quella che “oggi è un’adulta e può ricordare”, resoconto sporco e crudo della storia di un amore impossibile ma autentico, quello di una ragazza siciliana classe medioborghese che si innamora di un uomo polacco senza fissa dimora. Un semaforista, uno di quelli che danno fastidio, di quelli alcolizzati e sudici, che vagano tra i bordelli e le mense dei poveri, tra le panchine del parco e le vie della città. E’ lui che fa scorrere il sangue di cane del titolo, l’amore clandestino e polacco, incompreso e rifiutato da una società che non può ammettere l’esistenza di una passione così violenta e fuori dai canoni. Su questa storia la scrittura si fa urgente, e acquista potenza e coraggio: il coraggio di oscillare tra passaggi lirici ed estremamente evocativi e periodi spezzati e secchi che hanno il ritmo disturbante di un cuore che batte. Quello dell’io narrante, quello di Slawek, ma anche e soprattutto quello di una società che emerge nella sua sconvolgente nudità, al largo dalla cronaca nera o bianca che sia, al largo dagli editoriali e dalle riflessioni più o meno cristiane.

È un romanzo cattivo, dove per sentire l’amaro non c’è bisogno di aspettare il retrogusto; fatto di luoghi bui, di una città e dell’anima, di forze incomprensibili anche da chi ne è trascinato, di un figlio che c’è e nelle cui vene scorre sangue, sangue di cane. È il senso degli ultimi, senza fronzoli a condire la rogna, senza pietismo né redenzione: è un gran libro, da leggere e farsi prender male.

L’autore
Veronica Tomassini vive a Siracusa e scrive per il quotidiano La Sicilia. Ha pubblicato L’aquilone (Emanuele Romeo, 2002), Outsider (A&B editrice, 2006) e La città racconta. Storie di ordinaria sopravvivenza (Emanuele Romeo Editore, 2008). Ora è in libreria con il suo primo romanzo Sangue di cane edito dalla neonata casa editrice Laurana.

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