Numeri non soli
Con La solitudine dei numeri primi, suo romanzo d’esordio nel 2008, Paolo Giordano ha conquistato grandi consensi di pubblico (più di un milione di copie vendute) e riconoscimenti prestigiosi, come il Premio Campiello Opera Prima e il Premio Strega. Oggi lo sforzo creativo dello scrittore torinese prende finalmente vita visiva grazie al nuovo film di Saverio Costanzo, presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Il racconto di due destini diversi, accomunati dalla solitudine, che si incrociano per la prima volta a scuola, rincorrendosi infelici, dando inizio a un rapporto privilegiato e ricercato che durerà nel tempo. L’enorme dolore che Paolo Giordano aveva raccontato nel libro, Costanzo lo rappresentata in chiave horror – ironica, sdrammatizzandolo e rendendo più “accessibile” anche la sofferenza più intima. La sua è una direzione onesta, pulita, certo con qualche passaggio lento e macchinoso, ma pur sempre con un approccio visivo ed emozionale interessante, in linea con quello che Giordano aveva già creato. Grande il lavoro mentale e fisico dei protagonisti, (entrambi trasformati, dimagriti e ingrassati), perfetti per i due ruoli, con Alba Rohrwacher che, dopo Il papà di Giovanna e L’uomo che verrà, è ormai diventata una grande realtà del cinema italiano.
Proprio il cambiamento del corpo è un’altro dei cardini della pellicola, “stravolto” gradualmente nell’arco di venti anni, inteso come rito di passaggio per un possibile riavvicinamento. È stato poi fatto un lavoro interessante per quanto riguarda la musica, elemento cruciale per buona parte del film: roboante, elettronica, quasi disorientante (il film tocca anni diversi, dagli Ottanta ai Novanta fino al 2007) grazie al ritorno dei Goblin, alla quale si contrappongono silenziosamente gli ultimi minuti, quasi a volersi dedicare rigorosamente a quello che sarà poi l’epilogo. Nel citazionismo finale di Michelangelo Antonioni (L’avventura) c’è un passato che ritorna, la curiosità di un regista capace di indagare nelle coscienze perdute.
A cura di Andrea Giordano
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