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cultura dell'immagine e della parola

Lost:
l’episodio finale

Andiamo dritti al punto: per come la vedo io, l’ultima puntata di Lost ha degnamente coronato la serie. Per questo, sento di poter solo voler bene a J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber. Tenendo conto di quello che “l’esperienza Lost” è stata nel suo complesso, il team di creativi che ha dato vita al telefilm non avrebbe potuto fare meglio. Che c’è, non siete convinti? Tranquilli, sto per spiegarvi il perché di queste mie affermazioni, e a quel punto non potrete che essere appagati e sereni anche voi come lo sono io in questo momento. E non sto parlando solo a chi ha appena visto la puntata conclusiva della serie; sto parlando a tutti. Ma andiamo per ordine, e sistemiamo subito chi Lost non l’ha mai visto. Per voi non c’è problema, vero? Non so perché stiate leggendo questo articolo, ma va bene così. Sappiate che si è appena conclusa una serie che ha rappresentato il più importante fenomeno televisivo di questo primo decennio degli anni 2000. Un giorno forse vi verrà voglia di vederla: scevri da ogni condizionamento, ve la godrete un sacco. A me è successo con I segreti di Twin Peaks, ed è stato un autentico piacere.

Detto questo, passiamo a chi Lost ha iniziato a seguirlo e l’ha piantato a metà. Amici, io vi conosco. Ho passato tutto il giorno a parlare con voi e so perché l’avete fatto. A un certo punto avete pensato “nessun finale potrà mai giustificare questo casino”, vero? Giustissimo. Se la pensavate così, mollare tutto è stata un’ottima scelta. A voi questo finale non sarebbe piaciuto. D’altra parte, se questo finale è stato scritto così è proprio perché si sapeva che non l’avreste guardato. E allora non andate a leggervi gli articoli su internet per poi battere il palmo sulla spalla di chi si è seguito tutte e sei le stagioni bisbigliando “te l’avevo detto”. Non è una questione di detto o non detto: semplicemente, voi siete fuori dal gioco. Forse un giorno, come quelli che Lost non l’hanno mai visto, vi deciderete a recuperare le puntate perdute. Quel giorno, se ne avrete voglia, tornate su questa pagina e leggete i prossimi paragrafi. Anche se adesso vi sembra impossibile, vi assicuro che avranno un senso.

Ma veniamo a noi, fratelli (brothers! Dudes!) che avete seguito la serie dalla prima all’ultima puntata. Immagino che molti di voi siano ancora sotto shock, forse delusi. State tranquilli, va tutto bene e sto anche per dirvi perché, come promesso. Ma partiamo da una spietata analisi dei fatti, tanto per essere sicuri di essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ah, ora parliamo del finale: tanto so che l’avete visto e quindi non vi sto spoilerando nulla. Fatto sta che la situazione è quella che vado a illustrarvi. Siete pronti? Innanzitutto, Jack muore per sistemare le cose, staccando e riattaccando la spina dell’isola (in uno splendido parallelo con la scena di Sawyer e Juliet davanti al distributore automatico di dolci). D’altra parte l’isola funziona così: ogni tanto va resettata, come ci ha insegnato il Cigno con i suoi cicli da 108 minuti. Ben e Hugo, invece, rimangono a fare i guardiani dell’isola. Da che cosa debbano guardarla, non ci è dato saperlo. Eppure lo fanno, e insieme pare sensato supporre che vivranno delle belle avventure, visto il loro scambio di battute finale sulla porta della chiesa (“sei stato un ottimo numero due”, “e tu un eccellente numero uno”). È uno di quegli interrogativi destinati a restare irrisolti, fatevene una ragione. Anche la vita reale funziona così.

Un altro dubbio che ci terremo è quello legato a Desmond. Il suo futuro dopo l’uscita dalla grotta rappresenta infatti una grossa incognita. Quello che è certo è che, prima o poi, la morte verrà anche per lui, come per tutti. Lo stesso destino che un giorno toccherà a noi, infatti, toccherà anche agli altri sopravvissuti (quelli che alla fine se la fuggono con l’aereo), come ci conferma il papà di Jack sul finale. Avreste voluto sapere come sono morti? Suvvia non siate così didascalici: non è che tutti i romanzi arrivino a spiegarci la morte di ogni singolo personaggio. Quello che conta, in questo caso, è che si sia fatta chiarezza su un punto: l’isola era reale, ed era reale tutto quello che sull’isola è accaduto. Tra l’altro, gli autori una certezza ce l’hanno anche data: ciascuno dei protagonisti arriverà al termine della propria esistenza (molti ci sono già arrivati nel corso della serie, vedi i coniugi Kwon o Charlie), e allora avrà l’opportunità di ricongiungersi agli altri che con lui hanno condiviso l’esperienza dell’isola. Lo farà nella realtà parallela che abbiamo sbirciato per tutta la sesta stagione. Che cos’è questa realtà parallela? A ciascuno la libertà di deciderlo. Per quanto mi riguarda, la vedo come un dono che l’isola stessa ha fatto ai suoi ospiti, perché potessero vivere ognuno la vita che aveva desiderato e alla fine ritrovarsi tutti insieme nell’ora dell’addio (sì, la luce rappresenta l’ascesa verso un paradiso: è il motivo per cui Christian Shephard si chiama così).

Ora che abbiamo ricapitolato tutto quello che abbiamo visto nell’ultima puntata, possiamo porci le domande fondamentali: perché Lost è finito così? Ma soprattutto, perché è giusto che sia finito così? La risposta, secondo me, è più semplice di quanto si possa pensare. Per sintetizzarvela, vi metterò di fronte a un interrogativo (tanto siete abituati ad avere più a che fare con le domande che non con le risposte): è più importante l’orgasmo o il fare l’amore in sé? Confido nel fatto che abbiate scelto la seconda opzione. Anche perché il finale di Lost gioca proprio su questo: sul fatto cioè che non sia necessario un momento risolutivo, quanto una celebrazione di tutto quello che l’isola ha rappresentato, tanto per i personaggi fittizi quanto per noi spettatori reali, coinvolti in un’avventura che ha fatto provare sensazioni simili a milioni di persone diverse sparse ai quattro angoli del globo.[img4] Una scelta furba, certo, visto che era impossibile chiudere razionalmente tutte le sottotrame che si erano aperte. Ma anche una scelta deliziosamente poetica, visto che va a battere proprio sul tasto che chi ha tenuti incollati al televisore per più di un lustro.

Siate sinceri, per voi era davvero così importante che tutto avesse una spiegazione logica? Secondo me no, soprattutto se vi guardate indietro. Non siete contenti di aver vissuto quest’esperienza dall’inizio alla fine? Non ricordate con piacere tutte le serate, da soli o in compagnia, davanti allo schermo? Non avete tremato all’idea di essere tra i fortunati che Lost se lo sono visto tutto da cima a fondo? Se la risposta è sì, benvenuti! Siete tra i tanti che ricorderanno con piacere questi anni, siete tra coloro che sono stati ammessi tra le panche della cattedrale ad abbracciarsi e a scambiarsi baci e carezze. Se la risposta è no, mi dispiace. La vostra anima ancora non è pronta. Siete dei Mike, costretti a vagare sull’isola senza requie. O forse delle Ana Lucia, consapevoli della propria incompletezza. O ancora, dei Ben: nonostante siate stati perdonati per le vostre mancanze e abbiate espiato, avete bisogno di un’ulteriore riflessione per poter ascendere a un livello superiore. In ogni caso, noi telespettatori soddisfatti vi aspettiamo oltre la luce bianca.

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