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cultura dell'immagine e della parola

Sotto quel cielo
Berlino, giorno 2

James Franco sul red carpet per la presentazione di HowlSeconda giornata di Festival qui a Berlino, quanto mai intensa e ricca di appuntamenti. Innanzitutto il concorso principale, che oggi ha visto passare due pellicole, la prima, Howl, diretta dai registi americani Rob Epstein e Jeffrey Friedman, con protagonista James Franco (Milk, James Dean) nel ruolo del poeta “beat” Allen Ginsberg, e poi l’atteso film di Roman Polanski, The Ghost Writer (L’uomo nell’ombra) con Ewan McGregor e Pierce Brosnan.

Diciamo subito che da Howl qualche aspettativa la si nutriva, ma il risultato che ne è scaturito è stato francamente deludente. Il film ruota come detto intorno al personaggio di Allen Ginsberg e in particolare si concentra sul periodo in cui il poeta cominciò ad affiancarsi a figure chiave come Jack Kerouac, ma soprattutto al suo poema/manifesto scandalo per eccellenza, Howl appunto, letto per la prima volta in pubblico nel 1955. Scandaloso, irriverente, crudo ed esplicito nel linguaggio, ma di forte impatto sociale, il libro fu fortemente criticato, e addirittura bandito in un primo momento, tanto da essere “giudicato” in un vero processo, che alla fine però lo assolse, ritenendolo appunto di grande importanza sociale. Nel film vediamo Ginsberg – Franco che in un’intervista ricorda quei momenti, ma anche gli inizi di scrittore, la famiglia, l’amore omosessuale per Neal Cassady e ovviamente il processo, dove nei panni del pubblico ministero riconosciamo David Strathairn (Good Night, and Good Luck). Il film, che vive sul continuo alternarsi cromatico (il ricordo è in bianco e nero, il presente è a colori), fa leva anche su momenti onirici, rappresentati sotto forma di fumetto, cornice curiosa e originale, ma non “risolleva” molto una sceneggiatura mal costruita. Franco è decisamente poco credibile, meno appassionato rispetto ad altri ruoli, che aggiunto ad una monotonia narrativa, comporta alla fine un giudizio non molto positivo, testimoniato anche dalla tiepida accoglienza della stampa.

Giornalisti che invece applaudono, si divertono e sono piacevolmente coinvolti dal film di Roman Polanski, assente giustificato, ma “molto triste di non esserci”, come comunica il produttore della pellicola all’inizio della conferenza stampa, ma che con il suo ultimo lavoro fa entrare finalmente nel “vivo” la manifestazione. Una sceneggiatura innanzitutto firmata dello stesso regista franco – polacco (a distanza di 11 anni da La nona porta, suo ultimo script) e dall’ottimo Robert Harris. La storia racconta di un ghostwriter inglese, interpretato da Ewan McGregor, al quale viene offerta la possibilità di occuparsi delle memorie di un discusso, e non amatissimo, ex Primo Ministro inglese Adam Lang (Pierce Brosnan), personaggio “vagamente” ispirato a quello di Tony Blair. Accettato l’incarico (nonostante la morte misteriosa del precedente ghostwriter), McGregor inizia però anche un viaggio tortuoso e rischioso (viene aggredito, inseguito) che lo porterà a scoprire molti aspetti nascosti di Lang. “Girare con Polanski – ha detto Ewan McGregor – è stato diverso. La camera l’ho avuta sempre vicinissima al volto, come lo stesso Roman mi guardasse da vicino, una sensazione incredibile, ma bella”. “È stato un onore essere chiamato da Roman – ha dichiarato Brosnan, che ha poi aggiunto – Ricordo Rosemary’s Baby, uno dei suoi film che più ho amato, e che mi ha accompagnato da giovane”. Bel ritmo, ottimo cast, ironia dosata, finale a sorpresa, insomma ingredienti più che buoni per una ricetta ampiamente riuscita. Peccato che il regista non sia potuto venire, quello sì che è stato un “fantasma” che c’è mancato molto qui a Berlino. Sceneggiatura in pole per un possibile premio.

Ma è stato anche il giorno dell’Italia e del debutto berlinese di Alessandro Aronadio con il suo Due vite per caso, presentato con successo di pubblico, e di riscontro, nella sezione Panorama. Cast giovane e affiatato, da Lorenzo Balducci a Isabella Ragonese e Sarah Felberbaum, la storia ci racconta, un po’ in stile Sliding Doors, che cosa sarebbe successo al protagonista, Matteo, se una notte avesse (o non) tamponato una macchina di poliziotti in borghese. Quello è il punto di partenza (o di fine). Due storie parallele, due amori diversi, due carriere diverse (fiorista da una parte, carabiniere dall’altra), ma che poi si riuniscono proprio nel finale (che ci riporta alla memoria, senza facile retoriche quel G8 maledetto di Genova dove morì Carlo Giuliani). Ma Aronadio non solo fa un buon lavoro di sceneggiatura, ma anche di regia, a tratti davvero meticolosa. Lui che per anni è stato assistente alla regia di grandissimi, come Tornatore, Besson, Martone, Ciprì e Maresco, che si è laureato in Psicologia e che ha vinto una borsa di studio negli Stati Uniti, oggi, dopo qualche successo come cortometrista, finalmente riesce a prendersi la sua grande rivincita, e lo fa con un’opera prima davvero convincente e di riflessione sociale. Film distribuito da Lucky Red e prodotto dalla A-Movie Productions di Anna e Sauro Falchi, Due vite per caso merita sicuramente un plauso sincero, e non perché è un film italiano che concorre in una competizione estera, ma perché se lo merita davvero. “Essere stati selezionati in un festival così prestigioso, con film piccolo, è già il nostro premio più bello – ha detto il regista. Quando mi ha chiamato il mio produttore per comunicarmelo, stavo per prendere un aereo, neanche ci credevo, ma ora siamo qui e ci godiamo questo momento. È un onore davvero ma anche una grande responsabilità”.

E se la giornata era cominciata non nel migliore dei modi, la serata si è invece conclusa nella cornice più straordinaria, come quella di Pariser Plazt, di fronte alla Porta di Brandeburgo, dove è andata in scena la versione – evento di Metropolis. Una piazza piena di gente, giovani, anziani, bambini, innamorati, in piedi, seduti, avvolti dalle coperte, con i termos per scaldarsi, ma tutti uniti e ammirati dal fascino di quella pellicola muta (in questa occasione col sottofondo musicale che l’ha accompagnata fino alla fine) che a distanza di oltre 80 anni ha mantenuto intatto il suo fascino e la sua magia. Ed è la magia del cinema, del genio di Fritz Lang, il potere delle immagini, la sua visionarietà, a colpirci di nuovo. Anche il tempo per un po’ si placa, la neve si indebolisce, il freddo anche, per qualche ora tutto si ferma, in omaggio all’arte.

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