La nascita del falso rockumentary
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This is Spinal Tap segna una tappa fondamentale nello sviluppo del rockumentary, principalmente per un motivo. Si tratta di un classico documentario rock, tranne per il fatto di essere completamente falso. Il regista Rob Reiner sceglie di calarsi nel ruolo di Marty DiBergi, un filmmaker indipendente, mentre realizza il suo sogno di girare un documentario su quella che lui reputa sia la miglior rock band inglese di sempre, gli Spinal Tap. Il film racconta il disastroso tour del 1982 per la promozione dell’album Smell the Glove, con uno stile che ricalca quello dei pionieri di questo genere come Don’t Look Back di Donn Alan Pennebaker e, soprattutto, The Last Waltz di Martin Scorsese. Proprio il film di Scorsese è stato analizzato scrupolosamente da Reiner in modo da creare una satira, divertente ma credibile nella forma, tanto da essere esplicitamente citato da uno dei protagonisti.
Il film è presentato nella tipica forma del film concerto, sulla stessa linea di Rattle and Hum (1988) di Phil Joanou, sul gruppo irlandese U2. I momenti migliori del live sono interrotti da interviste ai musicisti, a supporter in delirio, ai dirigenti dell’etichetta discografica, da brevi sguardi dentro le vite dei membri della band, nei backstage e sulla strada. Se la maggior parte dei film concerto ritrae soggetti meritevoli all’apice della loro carriera o durante un tour trionfale, This Is Spinal Tap presenta al pubblico una band di secondo piano, con poco talento, composta da musicisti che tentano disperatamente di conservare la piccola notorietà che hanno raggiunto. Reiner/DiBergi riesce così a raccontare l’imbarazzante storia degli Spinal Tap in modo che tutto sembri assolutamente verosimile, almeno nella forma.
This Is Spinal Tap segna infatti un punto di svolta per i mock-documentari; grazie a questo film, e al successo che ha ottenuto, la forma del falso documentario ha preso una propria consapevolezza. Insieme a Zelig di Woody Allen del 1983, il film di Reiner segna la nascita di un vero e proprio neo-genere. Il fenomeno, nonostante in Italia non sia mai arrivato, è di così vaste proporzioni che saranno molti i registi che hanno dichiarato di essersi ispirati proprio a This Is Spinal Tap.
Il film è stato costruito senza una vera una sceneggiatura con il preciso scopo di garantire assoluta spontaneità alla recitazione. Gli attori sono stati informati solo arrivati nelle varie location su come avrebbero dovuto comportarsi, come sarebbe iniziata la scena e come sarebbe finita, lasciando ampio spazio all’improvvisazione nello svolgersi dell’azione.
La curiosità più interessate riguarda la finta rock band. Gli Spinal Tap infatti non esistono, ma i brani che suonano sono stati effettivamente scritti dagli attori (e membri della band). I membri del cast hanno rivelato il loro talento da musicisti, permettendo di filmare le scene dei concerti dal vivo con gli Spinal Tap presentati al pubblico come band di supporto del gruppo Iron Butterfly, nei rock-club della loro tournèe. Alcune fra le scene più ironiche rivelano il carattere parodico del film, mostrando l’inettitudine del gruppo attraverso la semplice osservazione da parte della cinepresa, come nel caso del concerto allo Zanadu Star Theatre a Cleveland, dove il gruppo, alla ricerca dell’ingresso del palco, si perde nei labirintici corridoi del back-stage.
Curiosità
Appare ovvio che i tre musicisti siano in realtà degli attori, soprattutto a causa delle esagerazioni evidenti raccontate dai protagonisti del film durante le loro interviste. Anche la stessa composizione del gruppo risulta paradossale: Marty DiBergi viene a conoscenza da un’intervista a David St. Hubbins che ben trentasette persone si sono avvicendate nella band, di cui solo venti sono state documentate. I diciassette mancanti sono collaborazioni a breve termine, fra il 1965 e il 1966. In un’intervista del 1992 con l’Orlando Sentinel, nel seguito Spinal Tap: The Final Tour, Nigel Tufnel ha menzionato che l’attuale batterista Ric Shrimpton è stato preceduto da altri 12 musicisti, il che significherebbe che ben sette dei diciassette membri mancanti erano batteristi, facendo aumentare il numero complessivo a 44 elementi.
A cura di Carlo Prevosti
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