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Ferraglia d’autore

Ferraglia d’autore

Un campo assolato di girasoli chinati verso il basso e un soldato che si cala all’interno di un carro armato riflettendosi nell’acqua depositata sul fondo, poi l’inferno. Una squadra di carristi dispersa nella notte in terra straniera tra soldati feriti, nemici invisibili e cadaveri innocenti. La guerra vista da una trappola d’acciaio soffocata da fetore, afa, sangue, urina e polvere, che brancola senza orientamento in un labirinto di macerie. Un film di rara potenza espressiva dove l’angoscia claustrofobica della prima parte si trasforma, nella seconda, in tensione e paura. Unici momenti di umanità una crisi di panico, un racconto d’infanzia e “l’aiuto fisiologico” a un prigioniero.

Abilità tecnica al servizio dell’arte
Spettatore ed equipaggio diventano un unico essere che vede le stesse immagini e vive le stesse emozioni. L’inquadratura vibra mentre il mezzo procede attraverso i lancinanti rumori meccanici dei cingoli ferrati e la macchina da presa si muove con agilità in uno spazio angusto posandosi nervosamente su dettagli “metallici” e terrificanti primissimi piani di occhi, vivi o morenti. Il tiratore scelto Shmulik impugna il mirino-obiettivo e si sostituisce al regista lanciando traballanti zoom e muovendo la mitragliatrice di calibro con bruschi “schiaffi” alla scoperta di nuovi orrori. Quando scende la notte, il quadro di comando assume una luce misteriosa e quasi aliena che mina nervi già scossi da violente esplosioni e agghiaccianti silenzi. Alla fine la macchina da guerra sembra la carovana assediata di un vecchio western e il rivestimento metallico interno un sudario arrugginito. Meritatissimo il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per un’opera in cui l’abilità tecnica è al servizio dell’arte. “L’uomo è d’acciaio, il carro armato è solo ferraglia”, ma ferraglia d’autore.

Curiosità
Il film è basato su vicende autobiografiche del regista filtrate da quella che lui stesso ha definito la sua “memoria emozionale”. Recentemente un altro importante film israeliano aveva trattato il tema della guerra in Libano, Un valzer con Bashir di Ari Folman (2008), vincitore del Golden Globe come miglior film straniero. In Lebanon c’è un riferimento esplicito all’uso delle bombe al fosforo, vietate dal diritto internazionale, che i soldati chiamano in gergo “fumo ardente”. Su diversi quotidiani libanesi sono apparse critiche al film, accusato di mostrare solo il punto di vista israeliano sulla guerra.

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