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Festival di Roma: diario, 16 ottobre

Richard Gere durante la presentazione di HachikoGli inediti (da regista) di Heath Ledger e degli artisti di The Masses, la pellicola “cinofila” – sentimentale con Richard Gere, il duetto Muccino – Tornatore: si potrebbe riassumere così il secondo giorno di Festival qui a Roma, anche se come al solito riuscire a vedere tutto sarà pressoché impossibile. Giunto solo alle 12 (!) in zona Auditorium, (la mattinata l’ho persa interamente sul Freccia Rossa per arrivare nella Capitale), l’atmosfera mi è sembrata immediatamente molto diversa rispetto agli anni passati. Soprattutto le presenze di pubblico, sempre numeroso ad un primo sguardo, ma che in realtà sembra nettamente inferiore alle edizioni precedenti. Magari poi saranno le cifre ufficiale di fine festival a smentirmi, ma al Festival Internazionale del Film di Roma di quest’anno, almeno i giornalisti, sembrano essere molti meno e poco interessati. Prima dell’immersione totale, non manca il rituale del ritiro accredito (colore unico, il giallo, per tutta la stampa, a differenza delle gerarchie cromatiche di Venezia e Cannes) e della borsa, quest’anno dedicata ai divi del cinema (da Richard Gere a Jim Carrey, da Brad Pitt a Russell Crowe), già oggetto di culto, e di scambio, fra i presenti.

Primo appuntamento di giornata è la conferenza stampa di Richard Gere, che a distanza di tre anni (nel 2006 venne con The Hoax – L’imbroglio) torna a Roma con Hachiko: a Dog’s Story (presentato fuori concorso), ancora con il regista Lasse Hallström. Commedia leggera (e dalla lacrima facile), ma remake del film giapponese di Seijirô Kôyama, la pellicola vive per quasi tutta la sua durata sul rapporto tra un professore (Gere) e il suo fedele cane. “Il film è una storia d’amore – ha detto l’attore in conferenza – La sensazione è quella di ascoltare e di assistere ad un racconto vicino ad un falò. Si avverte l’emozione e lo stupore”. C’è tempo però di parlare anche di altro, dal buddismo al Nobel per la Pace attribuito ad Obama. “Già a 20 anni leggevo letteratura tibetana, dopo ho incontrato il Dalai Lama, una figura di grande forza, di profonda luce interiore, che mi ha segnato. Il Nobel ad Obama? Ha creato sconcerto non c’è dubbio, ma a mio parere è un investimento di fiducia, che è stato assegnato per ricordargli perché stato eletto.”

Il mio interesse di oggi è tutto per l’appuntamento delle 17, quando vengono presentati gli inediti da regista di Heath Ledger. Scorrono ben tre videoclip (uno per Ben Harper) e un corto animato (King Rat), premiato addirittura dalla Peta come miglior lavoro ambientalista. Ma si vede anche un Ledger privato, surfista, fotografo, artista, curioso di scoprire e di imparare tutto. Lui che di nascosto quasi aveva cominciato a frequentare (per poi diventarne membro attivo) e a finanziare un gruppo di artisti, The Masses, e con loro sperimentare, tutte le volte che poteva, e con risultati davvero degni di nota. Dopo questa ennesima scoperta, aumenta ancora di più il rimpianto per la sua scomparsa. Ma mentre si vedono anche i lavori di altri artisti dei The Masses, c’è da correre al primo incontro pubblico del Festival, quello con Giuseppe Tornatore e Gabriele Muccino.

I due registi, accolti dall’applauso del pubblico e degli accreditati presenti, parlano fra loro di cinema, omaggiandosi a vicenda con scene dell’altro e commentandosi, anche sui difetti. Scorrono le scene di Nuovo Cinema Paradiso, Come te nessuno mai, L’ultimo bacio, Sette anime, Una pura formalità. Tornatore mostra i suoi primi documentari girati in Super 8 sulla Sicilia (da lì forse è partita l’idea di Baarìa) e Muccino non risparmia elogi proprio sull’ultima fatica del collega. “È un film che ho amato molto, anche se all’inizio ero dubbioso sul tuo progetto e su una tua “solita” ridondanza di stile. Questo lavoro è perfetto però, di grande impatto.” Si analizza, si discute, si parla di cinema. Non mancano le chicche, dal finale de L’uomo delle stelle, in cui doveva apparire anche Pietro Germi, al “furto” (ampiamente spiegato) di Muccino di una musica di Morricone per Sette anime, già usata da Tornatore ne La leggenda del pianista sull’oceano.

Dopo quasi due ore di incontro, la meritata pausa cena (matriciana d’obbligo, ormai diventata di rito il primo giorno di Festival).
Il letto attende, la stanchezza no.

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