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Festival di Roma: diario, 17 ottobre

George Clooney ed Elisabetta Canalis sul red carpetE dopo Venezia, anche Roma accoglie uno dei divi più amati (e chiacchierati). George Clooney arriva oggi al Festival per presentare, insieme al talentuosissimo (già pluriaffermato) regista Jason Reitman (che qui vinse due anni fa con Juno) il suo ultimo lavoro, Up in the Air. Una commedia amara per certi versi, in uno dei momenti più critici a livello lavorativo per l’America e per tutto il mondo, che vede Clooney nei panni di un “tagliatore di teste” aziendali, cinico, freddo, meticoloso, ansioso solo di raggiungere l’agognato traguardo dei dieci milioni di miglia fatte in aereo. Difatti si sposta unicamente in aereo, di città in città, con il compito di licenziare i dipendenti delle aziende in cui viene spedito. Senza legami sentimentali, né tanto meno geografici, solo una donna con i suoi stessi interessi sembra farlo capitolare, ma neanche lei alla fine vuole impegnarsi. E così il suo viaggio continua. La freschezza narrativa di Reitman, ma anche il potere della riflessione su uno dei momenti più difficili che stiamo vivendo, sono certamente le due caratteristiche che più ci fanno apprezzare questa pellicola. Bravo Clooney, ottime però anche Vera Farmiga (The Departed) e Anna Kendrick, nel ruolo dell’assistente “perfettina” del protagonista.

Il pomeriggio è dedicato ad un altro incontro di cinema, quello con il regista James Ivory, presente a Roma con il suo ultimo lavoro, The City of Your Final Destination. L’incontro è però non solo di presentare ai ragazzi la pellicola, ma anche per raccontarsi e per parlare di cinema: da Ismail Merchant, amico, compagno di vita e fedele produttore (Casa Howard, Quel che resta del giorno), scomparso qualche mese fa, fino ai migliori adattamenti per il cinema. “Penso a Jules e Jim, ma anche a Il Gattopardo di Visconti; straordinari entrambi. Il segreto per un buon adattamento di un libro? Essere fedeli alla storia ma anche tradirla un po’”.

E mentre il red carpet si infiamma letteralmente al passaggio della coppia Clooney – Canalis, arriva subito il momento di assistere ad una nuova proiezione, quella di Alza la testa di Alessandro Angelini, che torna al Festival dopo il successo de L’aria salata. La storia è quella di un padre, Mero (Sergio Castellitto) e di un figlio, Lorenzo, rimasti soli dopo l’abbandono della madre albanese. Un legame importante il loro, talvolta asfissiante, reso ancora più ossessivo dal fatto che il figlio pratica boxe a livello dilettantistico e che il padre lo allena. Allenamenti, speranze, qualcosa ad un certo punto si rompe. Il figlio si innamora di una giovane rumena, un litigio col padre e poi un incidente in motorino. Lorenzo muore e i suoi organi vengono donati. Senza rendersene conto il padre resta solo, con tutta l’angoscia e il rimorso di chi non ha potuto dire addio, di chi non ha potuto chiedere scusa. Ma il cuore del figlio batte dentro a qualcun altro, ad un trans, che Mero cerca e incontra. Dopo un primo rifiuto, nasce però l’intesa fra i due, fino alla lenta accettazione che il destino ha riservato per entrambi. C’è da dire subito che la pellicola, almeno fino alla metà, scorre bene, in uno stile narrativo interessante, anche per la potenza di Castellitto, che non si risparmia mai. Ma poi improvvisamente il film si inerpica in grovigli e intrecci troppo elaborati, tanto che poi è la storia ha subirne le conseguenze. Il risultato è confuso, anche se meritevole. Da Angelini forse ci si poteva aspettare qualcosa di più.

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