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cultura dell'immagine e della parola

Aspetta e spera
Venezia – 9 settembre

Michele Placido dopo la conferenza stampa di Il grande sognoInsomma, mentre il compagno di stanza francese continua a parlarmi di Francesca Comencini (a detta di lui il suo film è «semplisemente perfetò») e mentre mi dice che domani (cioè oggi) la intervisterà, io continuo a pensare a Shirin Neshat e al suo splendido film Women Without Men. Non so che destino avrà questo splendido film, non so se questo splendido film vincerà dei premi (ma penso potrebbe piacere ad Ang Lee) ma francamente non mi interessa. Penso solo che questo splendido film sia l’esempio di un mondo che cambia e che si racconta al mondo anche grazie al cinema. Come ha detto Shirin Neshat oggi in conferenza stampa, rispondendo a una mia domanda, il cinema ha la forza di raggiungere lo spettatore, le masse, i cittadini del mondo e ha il potere di resistere. Women Without Men sarà distribuito in Italia dalla Bim, ma io voglio comprare il dvd. E poi vorrei andare in Iran, ma questa è una faccenda vecchia. Difficilmente riuscirò a trovare qualcuno a cui mostrarlo (il film è impegnativo) ma sono convinto che resti un’esperienza liberatoria, gratificante. Si è parlato tanto di politica, di società, di donne, di libertà, ecco, questo film riassume tutte le cifre tematiche di questa Mostra. Senza dimenticare le condizioni in cui il film è stato realizzato, tra censure e soppressioni. Ci sono film iraniani che per essere realizzati devono dichiarare di essere documentari e non film di finzione, e devono dichiarare che gli attori non sono professionisti. «Oggi in Iran un artista è automaticamente un criminale. I film non escono, i libri sono banditi praticamente in uscita, le fotografie rimangono nascoste e la musica inascoltata. Ufficialmente. Per contrastare gli scandali elettorali e non solo del fondamentalista Ahmadinejad oggi la delegazione del film farà la passerella indossando sciarpe o abiti verdi». Coerente e coraggiosa. A dimostrazione che l’arte, il cinema in questo caso, è lo strumento per contrastare chi da anni subisce le soppressioni dei regimi.

È per questo motivo che ho storto un po’ il naso dopo aver visto Il grande sogno di Michele Placido, un film che non vuole denunciare niente, difficilmente possiede la forza per stimolare una riflessione (rivoluzione) e raramente incide nel suo intento. Intendo dire che Placido è più a bravo a tratteggiare l’intimità della maturazione del personaggio di Scamarcio (che è bravo), nella storia d’amore con Jasmine Trinca (che è brava) o nella propria evoluzione/vocazione che l’ha portato a fare l’attore. Non c’è la rabbia di Romanzo criminale e un po’ manca quello sguardo sporco che avrebbe reso il film più avvincente. Ma la storia va presa così com’è, cioè per una storia d’amore verso una ragazza e verso una passione (Scamarcio fa il poliziotto ma vuole diventare attore). Tutto qui. Ma forse è un po’ poco. No?
In compenso ho avuto la conferma che alcuni giornalisti non capiscono niente, eppure hanno un accredito di sostanza, e che certe conferenze stampa fanno abbastanza ridere. Ho l’impressione che intorno a Placido ci fosse un po’ di pregiudizio (i fischi durante l’apparizione del logo Medusa all’inizio dei titoli sono arrivati solo col suo film e non, ad esempio, prima del film con Clooney, un caso? No.) e diciamo pure che lui, a volte, ci mette del suo per non risultare simpatico (guardatevi lo sfogo durante la conferenza stampa), ma è anche vero che alcune domande sono state, come sempre, poco all’altezza della situazione.

Il film di Romero è divertente. Ma forse stava meglio Fuori concorso. È strano che il suo Survival of the Dead sia in concorso e The Informant di Soderbergh no. Aspetto e spero in una delle ultime scommesse, ovvero l’egiziano The Traveler di Ahmed Maher. La Mostra ha ancora qualche pedina da schierare? Spero di si. La locandina e l’idea di base di La doppia ora di Capotondi sembrano ok. Poi c’è ancora Fatih Akin, un film a sorpresa, Tom Ford e Van Dormael. Domani e dopodomani. Oggi c’è l’egiziano.

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