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cultura dell'immagine e della parola

Venezia, i film:
Lo spazio bianco

Dopo l’inaugurazione di Baarìa del 2 settembre, in concorso arriva il secondo film italiano, Lo spazio bianco di Francesca Comencini. Ottima è stata l’accoglienza della stampa. Tratto dal romanzo omonimo di Valeria Parrella, la pellicola racconta la storia di Maria, interpretata da Margherita Buy, insegnante precaria a Napoli e single quarantenne, che dopo un amore finito male, rimane incinta. La bambina nasce però prematura, in anticipo di tre mesi. Da questo momento tutte le certezze, tutta l’indipendenza che l’aveva contraddistinta, svaniscono. Ora deve attendere, aspettare giorno per giorno che Irene possa riprendere a vivere. La osserva nell’incubatrice, condivide la sofferenza con le altre mamme, le dedica una canzone (Senza fine di Gino Paoli) per la musicoterapia, ma la sua vita, così come se la ricordava, ora non c’è più.

Nello spazio (direi un limbo) monocolore del reparto va in scena il dolore di una madre, una sofferenza vera e silenziosa, mai banale, per niente retorica. Francesca Comencini, che già si era fatta apprezzare per A casa nostra, o per documentari come In fabbrica o Carlo Giuliani, ragazzo, conferma qui la sua acutezza di regia e la sua maturità narrativa. Brava a non cadere nella trappola del dramma strappalacrime, il film regge bene, senza creare eccessivi malumori (nonostante lo scontato lieto fine).

Ma è la Buy a illuminare la storia: bravissima, lei che madre di una bambina lo è davvero, riesce a calarsi perfettamente nella parte. Emotiva e coraggiosa allo stesso tempo. In un ambiente asettico, è lei che dà colore al film. Se la Coppa Volpi come miglior attrice andasse a lei sarebbe il giusto premio per una carriera costante e sempre ad alto livello.

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