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cultura dell'immagine e della parola

Marta sui tubi
L’abbandono

Canzone: L’abbandono
Artista: Marta sui tubi
Album: C’è gente che deve dormire
Anno: 2005
Regista: Fabio Luongo

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L’archetipo è prettamente cinematografico: la fantascienza del passato (Miyazaki), il medley ottocentesco di scienza, poesia e creatività, quando George Méliès strizzava l’occhio a Jules Verne e frullava le sue storie pseudoscientifiche con la rappresentazione popolare del mondo e degli astri per confezionare strabilianti mondi di cartapesta.
Echi cinematografici già rielaborati più volte dal videoclip, con il calco di Voyage dans la lune in Tonight Tonight (Smashing Pumpinks) e il rimontaggio dei fotogrammi di Méliès di Heaven For Everyone (The Queen).

Qui le risonanze sono più lontane. Gli scenari di cartapesta si semplificano e si ancorano alla realtà, il colore cancella ogni possibile legame con la vecchia materia cinematografica per creare delle immagini che sono comunque un prodotto del presente. Il passato è contenuto nello spazio della rappresentazione, con costumi alla maniera del cinema muto e qualche trucco cinematografico vecchio stile. Resta il mito del viaggio sul pianeta sconosciuto, ma il significato si inverte: se prima si trattava di uno spazio conquistabile (minaccioso o paradisiaco) qui è un luogo sconosciuto e inconoscibile, un altrove ignoto relegato nel fuori campo.

Rimane l’atmosfera della fantascienza del passato nel rapporto antico e sostanziale tra il cinema, la musica e la matematica. Ventiquattro fotogrammi al secondo, sette note, il rapporto tra i numeri e l’ordine delle cose. L’intento ludico di Méliès si perde come a dire che le leggi del mondo e dei numeri non sono più per l’uomo ma contro di esso.

Le cose che non ho portato via \ erano quelle che non hai voluto \ quelle che ho scartato \ prima di andar via. \ Sono un infinitesimo di me e di te \ solo una parte infinitesima. È l’abbandono.

Curiosità
Fabio Luongo ha diretto in questo video attori diversamente abili. Da un incontro casuale è nato il progetto di disegnare sulle movenze “strane” e “diverse” un significato “normale”. Gli alieni qui non potevano essere più verosimili. Tanto che non ci si accorge nemmeno che esiste una diversità.

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