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cultura dell'immagine e della parola

La porta tra libro e audiovisivo

Da una parte ci sono la fantasia e la capacità d’astrazione. Dall’altra la spettacolarità e l’immediatezza. Di che cosa stiamo parlando? Della sfida più emblematica di tutta la contemporaneità: quella tra l’immagine e l’immaginato, tra le meraviglie della tecnologia audiovisiva che ti proiettano in uno scenario artificiale dove tutto è possibile e le meraviglie della mente umana, capace di inventare mondi dove è possibile anche qualcosa di più. Una dicotomia rappresentata benissimo da Coraline, il romanzo per bambini (ma non solo) di Neil Gaiman adattato per il grande schermo da Henry Selick, sceneggiatore e regista dell’ottimo Coraline e la porta magica, uscito ormai da qualche settimana anche nelle sale italiane.

Partiamo subito col dire che si tratta di due ottimi prodotti. Tanto il libro quanto il film sono infatti di una qualità assoluta. Quello che è interessante, però, è notare quali cambiamenti si siano resi necessari nel passaggio da un medium all’altro. Da questo punto di vista, Selick ha dimostrato di possedere competenza ma anche sensibilità, riuscendo a “ricostruire” la storia di Gaiman dandole un altro aspetto e un ritmo profondamente diverso, senza però snaturarne le atmosfere né il significato più profondo. Naturalmente non sappiamo con esattezza come abbia proceduto, ma dalla visione della pellicola risultano abbastanza evidenti alcuni accorgimenti e il motivo per cui sono stati utilizzati.

Coraline, secondo quanto ha dichiarato Gaiman, è stato ispirato dalle storie che si inventava sua figlia Holly, delle semplici fiabe dove la protagonista era spesso una bambina che si trovava a fronteggiare dei nemici che assumevano le sembianze della sua mamma. A partire da questo spunto, Gaiman ha lavorato per anni nei ritagli di tempo, imponendosi però di terminare il romanzo in tempo per poterlo leggere come fiaba della buonanotte alla seconda figlia, Maddy. E della storia della buonanotte questo libro ha tutte le caratteristiche: uno sviluppo molto lineare, passaggi narrativi semplici, un linguaggio chiaro e soprattutto tanto spazio lasciato all’immaginazione di chi ascolterà. A dare qualche suggestione visiva, solo una manciata di illustrazioni in bianco e nero di Dave McKean.

Selick è partito quindi con una traccia chiara davanti a sé, ma anche con la necessità di dare alla storia un ritmo più cinematografico, che tenesse lo spettatore ben sveglio sulla poltroncina invece di cullarlo verso i propri sogni. Per fare questo, lo sceneggiatore ha lavorato per espansione, aggiungendo elementi, personaggi e snodi narrativi. Da un certo punto di vista, è come se lo sceneggiatore avesse preso il mazzo di carte di Propp* e avesse iniziato a pescare nuovi elementi da affiancare a quelli già scelti da Gaiman, moltiplicando il numero di viaggi di Coraline nella casa dell’altra mamma, rendendo più conflittuale il suo rapporto con i genitori, aggiungendo prove da superare (funzionali anche al desiderio di sfruttare a pieno la tecnologia 3D utilizzata per girare il film), inserendo un nuovo oggetto magico (la bambola) e addirittura un nuovo personaggio, Wybie, utilizzato come espediente per creare interazioni e per aggiungere dialoghi non presenti nel libro.

Il risultato, come dicevamo, è eccellente. Il film riesce a rendere giustizia al libro senza tradirlo, traducendo la storia da un linguaggio all’altro in modo efficace e corretto. Certo, tra l’immaginare e il vedere qualcosa che altri hanno immaginato per te passa una bella differenza. [img4]Da questo punto di vista, non sarebbe male che i genitori che decidessero di portate i figli al cinema a vedere Coraline e la porta magica, prima si prendessero qualche serata per leggere loro la versione letteraria del racconto. Si tratterebbe di un buon esempio di educazione all’audiovisivo. Una materia che – incredibilmente, vista la quantità di immagini medianiche che assorbiamo ogni giorno – nessuno ha mai pensato di inserire in un programma scolastico.

* Le carte (o funzioni) di Propp raffigurano gli elementi costanti presenti nella struttura di ogni racconto, così come li teorizzò l’etnologo e studioso di fiabe popolari Vladimir Propp (1895-1970).

Coraline, romanzo di Neil Gaiman, 2002
Coraline e la porta magica, regia di Henry Selick, 2009

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