hideout

cultura dell'immagine e della parola

Un diverso cinema sociale

Un diverso cinema sociale

Se vuoi vedere il film con la traduzione italiana, scarica i sottotitoli su ItalianSubs

Da Ken Loach a Shane Meadows, il cinema inglese ci ha abituato al racconto di storie di perdenti, di vite travagliate da troppo alcool e poco lavoro. Kenneth Glenaan ci aveva già provato qualche anno fa, raccontando con Yasmin un drammatico caso di immigrazione, finito tra gli applausi al Festival di Locarno. Dopo una parentesi televisiva (alcuni film tv prodotti da BBC e ITV ed episodi della serie Spooks), Gleenan torna al cinema sociale, con un dramma breve e intenso, Summer.

Stupiscono diversi elementi in questo film. Primo di tutti la struttura narrativa. Il regista, con lo sceneggiatore esordiente Hugh Ellis, ha scelto infatti di raccontare la storia della difficile vita di Shaun e Daz, i due protagonisti, non in maniera lineare, come sarebbe più naturale per un film che fa del realismo uno dei suoi elementi cardini, ma attraverso l’uso di flashback. Si passa quindi dal presente al momento dell’infanzia, a quello dell’adolescenza, creando un climax che porta infine all’elemento scatenante del dramma. Contribuisce alla creazione di questo climax anche la scelta di una colonna sonora complessa e trascinante, altro elemento solitamente alieno da film di questo genere. Ma la musica di Stephen McKeon, che in alcuni momenti sembra quella di un film horror, accompagna lo spettatore nella tragicità della vicenda. L’uso così evidente di una struttura a climax, che da un lato è il punto di forza strutturale dell’opera, dall’altro ne è anche un limite. Anche se non nei dettagli, da subito infatti si può immaginare cosa è successo nel passato e cosa succederà nel futuro. Ma, in fondo, non è questo l’elemento più importante del film.

Quello che infatti Gleenan vuole far emergere non è la vita di un vincente o un perdente, non importa che ci sia un finale positivo o negativo. È lui stesso ad ammetterlo in conferenza stampa (il film è stato presentato all’ultimo Festival di Roma): “la nostra non è affatto una storia di sconfitti, ma di vincenti, anche se con tutti i limiti che il realismo impone, di gente che rifiuta con coraggio di essere considerata una vittima”. Così il limite tra chi ce l’ha fatta e chi no si assottiglia, per lasciare spazio alla semplice e appassionata storia di una vita.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»