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Per un pugno di quarti di dollaro

Per un pugno di quarti di dollaro

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La prima versione di Donkey Kong risale al 1981. Progettata per Nintendo da Shigeru Miyamoto, fu presto uno dei coin-up più diffusi nei bar e nelle sale gioco di tutto il mondo. Jumpman, che solo in seguito si sarebbe chiamato Mario, cercava di salvare la sua bella, rapita da uno scimmione e per farlo doveva correre su delle piattaforme su cui rotolavano e rimbalzavano bidoni lanciati dall’abominavole bestia.

Quasi trent’anni dopo pare impossibile che i ragazzi dell’epoca potessero svuotare le tasche, colme di monetine, per un gioco così semplice, quando oggi esistono simulazioni iper-realistiche di qualsiasi cosa si possa immaginare, ma la cosa sorprendente è che il mondo degli arcade degli anni Ottanta gode ancora di una vasta schiera di appassionati che si contendono il titolo di miglior giocatore a suon di record stratosferici.

Non si tratta più di gioco per divertirsi in compagnia o per rilassarsi in solitudine, ma di un vero e proprio sport, con tanto di allenamenti massacranti, strategie da studiare e tecniche da conoscere a memoria. Punto di riferimento, al limite dell’egemonia, di questo mondo è l’organizzazione [/talic]Twin Galxies, che gestisce il mondo arcade, per lo meno quello del competitive gaming, dettando regole e indicendo convention di gara. Scopo nella vita di gente come Steve Wiebe, insegnante di scienze un po’ nerd, è quello di di battere il record mondiale di Donkey Kong, registrato nel 1982 da Billy Mitchell (l’unico ad aver mai raggiunto il “killer screen“), imbattuto da allora.

Seth Gordon documenta questo mondo borderline senza intromissioni e giudizi, lasciando trasparire quanto seriamente venga preso tutto ciò dai concorrenti di una tale gara. Sarebbe facile creare dell’ironia, calcare il pedale della risata, ma Gordon scegli un registro intermedio in cui sono gli stessi protagonisti a creare l’atmosfera che poi lo spettatore percepisce attraverso le sequenze del film. Si ride, si piange, si gioisce e si percepisce un’estrema realtà della “fauna umana” che ruota attorno alle Twin Galaxies.

Curiosità
Per un bug di programma, l’ultimo livello di gioco, il dodicesimo, viene chiamato “killer screen” (lo schermo della morte) perché il personaggio di Jumpman/Mario non può raggiungere la cima perché muore automaticamente correndo lungo le piattaforme.

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