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Horror zapping

Horror zapping

E siamo a due. Dopo L’inafferrabile, dato alle stampe nel 2007, i “giovani scrittori IULM” tornano a proporre al pubblico un’antologia dei propri racconti curata da due di loro. A spalleggiare il collettivo troviamo ancora una volta il professor Paolo Giovannetti, autore della postfazione al volume, mentre in qualità di padrino e prefattore si aggiunge per l’occasione Andrea G. Pinketts, ormai un nume tutelare della letteratura emergente prodotta in quel di Milano. Il nuovo volume, intitolato Perso in tempo, include quattordici racconti brevi, uno per ciascun autore, indipendenti tra loro ma legati da un sottile filo conduttore tematico, quello dell’orrore in tutte le sue molteplici forme, e da un approccio stilistico che, fatte le dovute distinzioni, risulta abbastanza condiviso da tutti i partecipanti al progetto editoriale.

Partendo da un inevitabile confronto col volume precedente, la prima considerazione che mi sento di fare è che tanto era “cinematografico” L’inafferrabile (non a caso, visto che gli autori erano tutti studenti di cinema), tanto è “televisivo” questo nuovo Perso in tempo. E questo vale sia per ciò che nel libro troviamo raccontato che per come gli scrittori coinvolti hanno scelto di presentarcelo. Nella prima antologia, infatti, praticamente tutti i racconti apparivano come delle “partiture” ottenute attraverso l’impiego di artifici letterari piuttosto sofisticati e l’orchestrazione di uno o più punti di vista ben definiti. Assai diverse le scelte fatte per questo secondo volume, dove alla costruzione matematica e rigorosa della narrazione si sostituisce (quantomeno nei racconti più interessanti) una sorta di “flusso” di pensieri e parole assolutamente non casuale ma volutamente caotico, quasi che gli autori ci tenessero a smontare i meccanismi che hanno dimostrato di saper far funzionare. Un sacrificio importante, quello della “bella costruzione”, che si rivela però funzionale alle tematiche affrontate che, come si è detto, ruotano tutte in qualche modo intorno al concetto di “orrore”.

Violenze familiari e domestiche, omicidi, guerre, mutilazioni mentali e precipizi di follia. Ancora una volta la metafora televisiva pare quella più azzeccata per descrivere questo libro, che nei suoi momenti migliori pare una sorta di raccolta di “breaking news” prelevate di peso dai peggiori incubi contemporanei. Se si pensa che la generazione cui appartengono gli autori è quella più mediatica in assoluto, e quindi quella più sottoposta agli stress comunicativi tipici di questa fase storica, viene quasi da parlare di un caso da manuale di “letteratura della crisi”. Anche senza voler spingere il passo così oltre, bisogna comunque riconoscere che le idee a questi ragazzi non mancano. Staremo a vedere cosa ci riserverà il terzo volume, che a questo punto diventa un imperativo categorico tanto per loro quanto per la casa editrice.

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