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cultura dell'immagine e della parola

Sotto quel cielo
Berlino, giorno 7

Kevin Bacon in una scena di My one and onlyDopo aver pagato il suo contributo terzomondista, con il film peruviano La teta asustada, finalmente il concorso presenta un buon film. Sembra un miracolo a rischiarare il grigio del cielo sopra Berlino. Si tratta sempre di un americano indipendente, My One and Only del regista britannico Richard Loncraine che si segnalò per una, pessima, versione cinematografica del Riccardo III. Nulla a che vedere con l’adattamento shakespeariano, il film è un road movie ambientato negli anni ’50 e racconta la storia di due simpatici ragazzi e della loro crescita, che è anche quella della loro madre, una stupenda Renèe Zellweger, dopo che ha lasciato il marito fedifrago, un sempre più imbolsito Kevin Bacon. Basato sulla vita dell’attore George Hamilton, il film rievoca figurativamente, con una fotografia dai colori pastello, i melodrammoni di Douglas Sirk, e il viaggio si configura come una metafora dell’evoluzione dei personaggi. E tutto ciò riuscendo a mantenere un tono ironico e divertente.

L’angolo degli spernacchiamenti tocca al maestro greco Theo Angelopoulos. Ci spiace, ma nessuno è intoccabile. La sua ultima opera, The dust of time, seconda parte di una trilogia cominciata con La sorgente del fiume (To livadi pou dakrizi, 2004), è stata presentata fuori concorso. Il film era stato scartato da altri festival e questo la dovrebbe dire lunga su quanto siano esigenti i selezionatori berlinesi. Come spesso succede nel cinema di Angelopoulos, uno dei personaggi è, metalinguisticamente, un regista che arriva a Cinecittà per riprendere la lavorazione di un film che era stato interrotto. E’ la storia di Eleni, la Elena del mito, e del suo amore per due uomini. Il film inizia in Unione Sovietica e ripercorre gli eventi cruciali della fine del XX secolo fino ai nostri giorni. Non è l’ambizione dell’assunto che fa spaventare, da un autore mai semplicista come Angelopoulos poi, quanto la realizzazione fin troppo raffazzonata, artificiosa fino all’inverosimile, ridondante di metafore spicciole. Un onanismo mentale unico che non può che suscitare grasse risate. Un’autentica sòla, per intenderci.

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