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cultura dell'immagine e della parola

Sotto quel cielo
Berlino, giorno 7

Demi Moore alla presentazione del film Happy TearsAncora tre film in concorso che raggiungono a malapena la sufficienza.
Il primo è Katalin Varga, coproduzione anglo-ungherese-rumena del regista di origine britannica, Peter Strickland. Ambientato nei Carpazi racconta la storia di una donna, Katalin Varga per l’appunto, che viene ripudiata dal marito una volta che ha scoperto di non essere il padre naturale del loro figlioletto. Katalin, che si rivelerà essere stata vittima di uno stupro, parte alla ricerca di quelli che avevano abusato di lei, per vendicarsi. Una storiella semplice, una regia senza grandi pretese per un opera che poteva benissimo passare in un festival più “terzomondista” come Locarno. Forse dopo il successo a Cannes di Cristian Mungiu, la cinematografia rumena sta diventando la nuova moda glamour dei festival? Dio ce ne scampi!

Happy Tears è invece un film indipendente americano che può vantare Demi Moore come protagonista insieme a una stupenda Parker Posey. Il regista Mitchell Lichtenstein racconta di due sorelle che ritornano alla loro vecchia casa per prendersi cura del padre settantenne. Emerge il ritratto di una famiglia davvero bizzarra, vagamente reminescente dei Tenenbaum. Lichtenstein si diverte a inserire qua e là, durante il film scene oniriche, fantastiche e surreali, ma si tratta di forzature grossolane per far risaltare un’opera altrimenti dozzinale, che non avrebbe niente di nuovo da dire. Forse il regista vorrebbe inserirsi nella scia di Wes Anderson, ma senza possederne la leggerezza di raccontare storie, la carica innovativa e la visionarietà. Complessivamente Happy Tears è il tipico prodotto indipendente americano da Sundance, con pregi e, numerosi, difetti conseguenti.

Sempre criticata per dare troppo spazio al cinema americano, la Berlinale ha presentato oggi un altro film made in Usa. Si tratta di Notorius di George Tillman, Jr., ancora un film independente, questa volta un biopic. La vita del leggendario rapper Christopher Wallace, la sua infanzia povera a Brooklyn, il successo come “The Notorius B.I.G.”, la dissolutezza e la tragica morte: fu assassinato per le strade di Los Angeles il 9 marzo 1997. Il punto di forza del film è la regia psichedelica: montaggio ipercinetico, inquadrature sghembe, colori ultrasaturi. Un modo per riprodurre il ritmo frenetico della musica rap, rendendo così pieno omaggio al personaggio oggetto del racconto. Tillman si vuole fare erede di Spike Lee in quanto cantore della cultura afro-americana e i titoli di coda, animati e molto fantasiosi, sembrano un omaggio a quelli di testa di Jungle Fever (Id., 1991). L’altro punto di forza del film è una sempre meravigliosa Angela Bassett che interpreta la madre di Wallace.

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