Tradimento spettacolare
Il Male per Bryan Singer è un burattinaio, un abile bugiardo capace di intrecciare i fili dell’azione, e di ingarbugliare la mente dell’uomo. Il dna creativo di Singer è bombardato da questa ossessione. Come già dimostrava il forestiero Whiley Preacher nel primo film, Public Access, che con la sua Tv spazzatura faceva litigare gli abitanti di una piccola cittadina. E una parola usata come strumento di manipolazione per la propria vendetta ma anche per la propria salvezza, è quel che caratterizza lo storpio Verbal Kint di I soliti sospetti, film tutto giocato su una grande menzogna, una trappola, una confusione e un disorientamento che passa attraverso i particolari, le piccole cose che passano inosservate. Il Male identificato nel nazismo, già altrove e soprattutto, ovviamente, qui in Valchiria, dove si ritrova il rapporto carnale tra finzione e realtà che da sempre contraddistingue un percorso creativo di notevole interesse, fatto di alti e bassi,certo, ma mai privo di spunti significativi. Nella trilogia degli X-Men o in un film come L’allievo, il Male addirittura è ciò che seduce, incanta e illude, trasportando la mente altrove. Un male che assume i lineamenti di un innesto, di qualcosa che entra nella mente, ma prima ancora nel corpo, trasformandolo. E per sopravvivere serve l’antidoto. Che deve essere scelto. Inevitabilmente, senza mezze misure. Come accade in Valchiria, dove tutto è conosciuto eppure si assiste ad uno spettacolo assoluto.
Singer mette in scena il Male assoluto (Hitler) e l’antidoto più celebre (il 20 luglio 1944 Von Stauffenberg in persona porta l’ordigno esplosivo nella Tana del Lupo ed è testimone dell’esplosione) costruendo una scatoletta ad ingranaggi che punta all’intrattenimento piuttosto che alla rielaborazione. Ma questo è il cinema di Bryan Singer e in queste coordinate si specchia pure Valchiria. Un’idea di cinema diversa dalla consuetudine e mansuetudine e un film diversissimo da ciò che la mente dello spettatore si aspetterebbe. Un congegno preciso che tenta di scardinare un sistema enorme, devastante, radicato, che è dentro il sangue delle persone e non solo in una stanza militare davanti a nuovi attacchi strategici. Valchiria subisce il peso di una storia non semplice e della sua dichiarata vocazione spettacolare e divertita, non banalizza, ma nemmeno riesce a scalfire lo spessore della memoria restando ai margini di una pagina tragica della storia della Germania e del mondo intero. Sfrutta le dinamiche del thriller politico, si districa tra i codici del fumetto (Cruise è vendicativo e possiede tutti i connotati di un supereroe: fisico modificato, vocazione al comando, distacco famigliare, senso del sacrificio, …), non rinuncia al dramma e, forse, anche a qualche mezzuccio sporcarello per rendere gloria e onore a chi, tra i nazisti, cercava uno spiraglio di salvezza. Per sé stessi e per il mondo intero.
Un film che a causa di queste forme così alterate e all’altalenante privazione di sentimenti e passione può lasciare perplessi. Ma in fondo fa parte del gioco. E, a dirla tutta, la lunga sequenza (cinema allo stato puro!!) della valigetta e dell’esplosione, vale l’intero film. Ma Valchiria è veramente tutto lì?
Curiosità
Bryan Singer è produttore esecutivo di Dottor House e ha curato la regia di tre episodi della serie. A proposito di Valchiria, Singer ha dichiarato: «In passato ho sfiorato il tema in L’allievo, tratto da un racconto di Stephen King, e poi in X-Men, con la scena del campo di concentramento. Ma Operazione Valchiria mi ha dato la possibilità di tracciare un ritratto realistico di quel mondo attraverso la straordinaria storia di un leader che stava distruggendo un paese, e gran parte del mondo, e degli uomini che decisero di fermarlo».
A cura di Matteo Mazza
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