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Certezze infrante

Certezze infrante

Mentre in sala viene proiettato Il dubbio, la memoria dei cinefili non può che riportare alla mente le torbide atmosfere coniugali che Sir Alfred Hitchcock ci ha fatto respirare nel rapporto tra Joan Fontaine e Cary Grant del film Il sospetto: una moglie angosciata da alcuni comportamenti del marito teme per la sua vita. John Patrick Shanley costruisce analogamente il suo esordio cinematografico, da una sua pièce teatrale premiata con il Pulitzer nel 2004, elaborando una complessa trama di indizi, sospetti e invidie che permettono allo spettatore di costruirsi una precisa idea della realtà dei fatti narrati.

Nel 1964 Sorella Aloysius (Meryl Streep) è la preside di scuola di religiosi nel Bronx. La disciplina e il rispetto delle regole sono la priorità per mantenere i rigidi costumi dell’istituto e Sorella Aloysius preferisce il pugno di ferro alla comprensione e al calore umano. Il vento del cambiamento soffia su New York e apre le porte della scuola al primo studente di colore, Donald Miller, un ragazzo riservato a cui gli altri studenti non facilitano la vita. L’unico vero sostegno a Donald è Padre Flynn (Philip Seymour Hoffman), insegnante e parroco della chiesa, che al ragazzo dedica molte attenzioni, forse troppe secondo la rigida morale di Sorella Aloysius. Qualcosa nel passato di Padre Flynn potrebbe essere torbido, tanto da instillare la certezza dell’abuso nella mente della preside. Lo scontro è inevitabile, i faccia a faccia diventano sempre più tesi, ma non ci sono certezze a suffragare la posizione dei contendenti.
Il duello tra Sorella Aloysius e Padre Flynn si traduce in una sfida di bravura di due attori monumentali. Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman giganteggiano sulla struttura teatrale di questo thriller dimostrando una volta ancora di essere dei mostri di bravura. La parola mostri però questa volta non è usata a caso o con accezione di superlativo, perché entrambi i ruoli messi in atto rappresentano le due facce del rapporto tra bene e male. Nemmeno l’ultima battuta del film, assolutamente da non rivelare a priori, riesce a mettere una parola definitiva sul rapporto tra i due religiosi. Sorella Aloysius potrebbe essere nel giusto, ma i suoi metodi sono spigolosi, antiquati. Il suo peccato è la superbia mentre accusa Padre Flynn di lussuria. Al contrario l’uomo ha modi di fare più morbidi, affabili e piacevoli, ma nel suo passato sembra esserci qualcosa di oscuro.

Il dubbio non trova risposte definitive, le certezze vengono smontate scena dopo scena e lo spettatore non viene condotto per mano, come spesso avviene, nell’immedesimazione di una o dell’altra parte. Streep e Hoffman sono in perfetto equilibrio sull’asse bene e male, eroe e anti-eroe, entrambi sono l’altra faccia della medaglia del loro rispettivo, in un gioco al massacro in cui gli opposti si respingono, piuttosto che attrarsi.

Curiosità
L’interpretazione di questo film ha portato a Meryl Streep la quindicesima nomination all’Oscar, un record assoluto. Per Philip Seymour Hoffman si tratta invece della terza candidatura negli ultimi quattro anni.

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