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cultura dell'immagine e della parola

Sport Science fatti, non polemiche

Non è stato facile, ma anche quest’anno ce l’abbiamo fatta. Sì, nonostante una programmazione sempre più raffazzonata e di dubbia qualità, anche il Natale 2008 è stato allietato dal ritrovamento del tradizionale programma post-panettone. Di cosa si tratta? Del programma che ti salva dall’apatia quando, dopo il quarto pranzo dai parenti in altrettanti giorni consecutivi, ti raggomitoli sulla poltrona in compagnia di genitori e zii. Sono momenti difficili, in cui basta premere il tasto sbagliato del telecomando può proiettarti in un incubo gotico a base di musical della prima metà del secolo scorso o salotti televisivi di serie C. Fortunatamente, la presenza del digitale terrestre in casa dei miei, mi ha spinto all’esplorazione, facendo sì che incontrassi Sport Science (Sport Italia, martedì alle 21 e in replica a varie ore del giorno), un programma che sta alle serate invernali come il Grand Marnier sta alla tazzina vuota di caffè.

Un format semplice, senza troppe sovrastrutture. Eppure clamorosamente efficace nell’imprimere allo spettatore quel mood da “cazzeggio positivo e propositivo” che ti impedisce di precipitare in una pericolosa sacca d’introspezione digestiva. Prodotto dalla rete americana Fox Sports, Sport Science si occupa (come suggerisce il nome) di analizzare dal punto di vista scientifico alcune tematiche sportive. All’interno di un hangar, un team di medici, fisici e ingegneri, con l’aiuto di atleti di livello mondiale, utilizza il meglio della strumentazione tecnologica per rispondere in modo inappellabile a quesiti del tipo “causa più danni alla struttura cranica una botta presa con una mazza da hockey o da baseball?” o “quanto impatta sulla prestazione una notte di sesso prima di un match di boxe?”. Domande che forse non spingeranno l’umanità molto avanti in termini di progresso, ma le cui soluzioni, espresse in libbre e metri al secondo, creano nello spettatore uno stupore e un godimento bambineschi. Per capirci: pensate a quante volte, dopo un gol da trenta metri, vi siete buttati in considerazioni tipo “minchia, andava almeno a centosettanta all’ora!”. Ecco, qui ve lo dicono con precisione, mostrandovi tanto di grafica dell’accelerazione.

Pollice alzato per l’idea e anche per la sua realizzazione, quindi. Soprattutto perché Sport Science ci mostra una via alla discussione di taglio sportivo che in Italia non sarebbe male incentivare un po’ di più, magari sostituendo anche solo al 10% delle chiacchieracce da post partita e alle inutilissime moviole qualche considerazione di taglio tecnico-scientifico. A mio parere, il tifoso medio non disprezzerebbe il tenore del dibattito ne guadagnerebbae parecchio. Ma si sa, da noi si preferisce sempre la comoda via della polemica… Sempre a proposito di malcostumi nostrani, mi tocca chiudere con una bacchettatina in punta di dita a Guido Bagatta, che con Dan Peterson introduce l’edizione italiana del programma. L’impressione è che i due improvvisino un po’ troppo, senza saper bene dove andare a parare. Per quanto entrambi siano buoni esperti di sport americani, nei loro dialoghi si nota troppo chiaramente la mancanza di un background scientifico che per lanciare certi filmati sarebbequantomeno auspicabile. Una piccola pecca, certo, ma da segnalare.

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