hideout

cultura dell'immagine e della parola

La favola della buona notte

La favola della buona notte

The Millionarie è prima di tutto un viaggio, che finisce in una stazione dei treni e inizia a cavallo tra presente e passato. Boyle decide di raccontare ancora una volta una situazione agli estremi, spostando sempre la storia dentro a un contenitore impossibile, dentro narrazioni ai limiti della verosimiglianza, stando tra il sole spento di Sunshine e la sacca di soldi piovuta dal cielo di Millions, tra la Londra postapocalittica di 28 giorni dopo e il paradiso terrestre di The Beach, tra gli interventi divini di Una vita esagerata, le vite fuori di Trainspotting e la follia di Piccoli omicidi tra amici. Affascinante e sfuggente, il film sta a metà stada tra il dramma e la commedia e, come dichiara lo stesso regista, è sicuramente una favola e, come tale, come spesso le favole riescono a fare, racconta anche momenti di terribile violenza, soprusi, crudeltà che fanno paura.

A fare paura, praticamente nell’incipit, è l’analogia creata in montaggio tra lo show televisivo e le torture della polizia: Jamal subisce entrambi con dolore e con un contemporaneo distacco, ma inevitabilmente la domanda che Boyle impone è: “C’è differenza tra l’uno e l’altro interrogatorio?”. Sono facce della stessa medaglia: il quiz nasconde nelle risate a comando e nelle luci da luna park un sopruso e una violenza latente; Jamal sembra spaventato, rigiso e in gabbia mentre viene apertamente schernito e deriso. Il presentatore lo disprezza apertamente, mentre autori e registi lo usano come un automa per raggiungere i loro obbiettivi, il successo del programma. La stazione di polizia è il nervo scoperto, la crudeltà visibile, che però all’esterno è celata, non detta. E nel momento in cui qualcosa è necessario dire, quando Jamal deve spiegare perchè aveva risposto alle domande (lapidaria la sua risposta, “Perchè le conoscevo”) il film inizia veramente, facendo vedere, una ad una, quelle risposte.
Così si viaggia attraverso l’India, dalle fogne ai monumenti, dalla malavita alla bellezza, dal denaro all’amore. E quanto inquetante era quello studio televisivo, così terribili appaiono (ma dipinti in commedia, per cui ancora più destabilizzanti) i luoghi turistici indiani pieni di sciocchi stranieri occidentali che rispondono al dolore e alla povertà unicamente con l’esibizione del denaro. Quello stesso denaro che Jamal sta guadagnando in televisione e in cui suo fratello decide di immergersi prima di morire. Come a tornare nel ventre materno fatto dei suoi desideri, di quella corsa verso il potere che ha sempre mosso i suoi piedi da quando era bambino.

Quindi diventa accettabile il finale, dato che tutti gli ostacoli sono stati superati dall’unico protagonista dal cuore puro, Jamal. E comprensibile ogni inquadratura e ogni scelta di stile carica di colori e di punti di vista forti, dato che ogni cosa vista è il racconto del protagonista, la sua visione e ricostruzione di bambino, di adolescente. Ma chissà che, dato l’omaggio finale a Bollywood e al musical, non sia stato tutto un lungo, colorato, improbabile melodramma a lieto fine, con l’eroe dal cuore buono e la ragazza, bellissima, unico oggetto del suo amore.

Curiosità
The Millionaire del regista Danny Boyle è stato nominato miglior film del 2008 dal National Board of Review of Motion Pictures, primo premio importante consegnato in questa stagione degli Oscar.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»