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Giocando con i bambini morti

Giocando con i bambini morti

Una giovane donna con marito e figlio adottato al seguito decide di trasformare l’orfanotrofio dove è cresciuta in una casa famiglia per dare aiuto a bambini in difficoltà. Il piccolo sconfigge la solitudine giocando con i suoi amici immaginari, così per lo meno credono i due genitori, ma le presenze inquietanti non tardano a turbare i sonni dei nuovi inquilini. Il giorno dell’inaugurazione, fra ospiti e festeggiamenti, il piccolo (che aveva appena scoperto di essere sieropositivo dalla nascita) sparisce senza lasciare traccia. Le presenze che infestano la grande casa sembrano voler giocare con la donna, il premio in palio è proprio il figlio disperso.

Juan Antonio Bayona dirige un horror dove la presenza di Guillermo Del Toro è palpabile più di un ectoplasma. I temi, masticati e digeriti da mille jap-horror, sono ancora di moda negli ultimi horror latini, dalla grande casa solitaria all’orfanotrofio, inutile fare l’elenco dei film che possono essere ricondotti a questo filone. Bayona però gioca a rimescolare le carte senza trucchi da prestidigitatore, che il mazzo sia sempre lo stesso lo si capisce fin dalle prime inquadrature. Il film non racconta nulla di nuovo, non vuole essere un’innovazione nel suo genere ma riesce a mantenere alto il tono della narrazione giocando a rimpiattino, o un due tre stella, con i bimbi perduti di Peter Pan.

The Orphanage è un film sul terrore di perdere un figlio, sull’incapacità di rassegnarsi (quasi un’anticipazione dello splendido Changeling di Clint Eastwood) e tocca sentimenti profondi che contribuiscono a creare un’atmosfera nera, sovrannaturale e carica di tensione che sfocia in angoscia e commozione piuttosto che nel facile spavento. “L’unico film horror capace di farmi piangere”, lo ha definito un critico americano; una considerazione non da poco, visto che se lo scopo del cinema horror è proprio quello di provocare una reazione emotiva di paura, in questo caso Bayona trascende il singolo genere provocando quello che specifico del melò e della tragedia, ovvero la lacrima.

Il film si appoggia sull’ottima interpretazione di Belén Rueda, che fu compagna di Bardem in Mare dentro, madre coraggiosa e incapace di lasciarsi andare alla disperazione. Nel ruolo di una medium dallo sguardo allucinato, Geraldine Chaplin inquietante ponte di collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

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