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Horror, denuncia sociale e legal-thriller nell’universo del male

Horror, denuncia sociale e legal-thriller nell’universo del male

Dopo Mystic River (id., 2003) e Million Dollar Baby (id., 2004) il rigore formale e la lucidità narrativa di Clint Eastwood tornano a raccontare l’America di ieri e di sempre, con la sua follia, la sua ipocrisia, la contraddizione di un Paese dove tutto può accadere, talvolta contrastata da empiti di solidarietà e umana compassione. Il dolore e la sofferenza narrati in Changeling, dall’inizio alla fine del film, stavolta travalicano i confini del racconto morale e individuale, sposando la causa degli atroci fatti di cronaca realmente accaduti e risultando, da un punto di vista emozionale, quasi intollerabile.

Mentre in Million Dollar Baby il film rivelava se stesso (non un racconto di formazione come poteva sembrare, bensì un’occasione per parlare di eutanasia, vita, morte) dopo circa un’ora, in Changeling il passaggio tra un racconto e l’altro è immediato. Non è la storia di una madre a cui hanno rapito il figlio, ma la vicenda di un cittadino che non trova nello Stato un alleato bensì un nemico, di una donna impotente di fronte al proprio dolore e a quello di una città intera, la vera storia di uno scandalo americano i cui fondamenti si protraggono ancora oggi, al confine tra violenza e legalità nei dipartimenti di polizia losangelini. Quattro i percorsi della denuncia da seguire: oltre a quello della corruzione del corpo di polizia, la brutalità dei manicomi, l’incredibile efferatezza dell’assassinio di venti bambini, perpetrato nella masseria degli orrori per mano di un killer dalla personalità narcisista (l’agghiacciante Jason Butler Harner) e infine il tema sempre caldo della possibilità di “giustificare” o meno la pena di morte, nel film narrata nella sua indegna brutalità di atto vendicativo, sebbene inflitta al più condannabile degli omicidi. Un universo intriso di dolore, che ruota intorno a una donna sola, una Angelina Jolie che recupera le sorprendenti doti drammatiche riposte dall’Oscar per Ragazze interrotte (Girl, Interrupted, James Mangold, 1999) in poi, per far spazio alla sua carica d’attrice action e glamour. Seppur ineccepibile, alla filiforme attrice continua inevitabilmente a mancare quel barlume di umanità che i suoi eterei occhi azzurri ancora non riescono a comunicare: un accenno di nostalgia per la dolcezza e l’umiltà che Hillary Swank emanava in Million Dollar Baby si avverte nella mente dei fan eastwoodiani più integerrimi. Il regista, questa volta, utilizza la sua attrice come fulcro di una vicenda che smette presto di essere quella della protagonista ma diviene corale, grazie all’apporto del pastore interpretato da John Malkovich, appena sopra le righe quanto consentito dal suo ruolo, che riesce a trascinare l’intera comunità a sostegno di Christine.

Il film, come ci si aspettava da un regista di tanto calibro, è costruito in modo tale da sostenere una tensione perfetta che ne conferma la natura di thriller, anche durante il doppio processo in cui è coinvolta la madre disperata, eppure, per i fatti narrati, così tanti, così orrendi, così insopportabili, non si esclude la possibilità di un rifiuto emotivo da parte di un qualche spettatore dallo stomaco meno forte. Un altro, importante capitolo della controstoria eastwoodiana, anche in vista di un chiaro riferimento alla Hollywood nascente, stavolta, però, con una consapevolezza del male mai contestabile e quasi del tutto senza speranza.

Curiosità
In concorso al Festival di Cannes del 2008 Eastwood, autore anche delle splendide musiche del film, ha ricevuto il Premio Speciale alla 61° edizione ex-aequo con l’attrice francese Catherine Deneuve.

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