hideout

cultura dell'immagine e della parola

Come non fare un film di fantascienza

Come non fare un film di fantascienza

Avete mai sentito un regista parlare del suo film definendolo “pura violenza e stupidità” e, a livello personale, “un’esperienza terribile”? Ebbene questo è il caso di Mathieu Kassovitz e della sua ultima creatura, Babylon A.D. Il regista francese, che con L’odio (La haine, 1995) aveva fatto pensare alla nascita di un nuovo vero autore ma poi aveva iniziato un lento declino con produzioni più importanti come Fiumi di porpora (Les rivières pourpres, 2000) e Gothika (id., 2003), ha infatti completamente disconosciuto questo film, incolpando la produzione della Fox di avergli completamente rimontato il film, tagliandone ben settanta minuti e stravolgendone il significato.

Francamente, anche con un altro montaggio è difficile pensare di riuscire a dare molto senso a Babylon A.D. La storia è un polpettone di già visto, dal classico Blade Runner (id., Ridley Scott, 1982) al più recente I figli degli uomini (Children of Men, Alfonso Cuarón, 2006). Peccato che tutto ciò che esula dalle storie altrui sia senza significato, a partire dalla ragazza dotata di poteri sovrannaturali. Su di lei al termine della proiezione rimangono decine di interrogativi che, per un film il cui improbabile finale vorrebbe spiegare tutto, sono davvero inopportuni. E pensare che invece la prima scena, con Vin Diesel nascosto in un piccolo paese della Russia, faceva sperare di essere nei dintorni del primo Kassovitz, tra periferie e società sull’orlo del baratro. Poi invece cazzotti e azione iniziano a farla da padrone, fino ad arrivare alla seconda parte del film, quella ambientata in territorio americano, in cui sfido chiunque a trovare un nesso logico. Tutto accade a caso, è inutile cercare di ragionarci sopra: anche i riferimenti biblici o le metafore religiose sono buttati lì e banalizzati senza ritegno.

Un altro elemento cardine del film dovrebbe essere il rapporto tra i due protagonisti, il muscoloso Vin Diesel, che riprende pari pari il suo personaggio di Pitch Black (id., David Twohy, 2000) e The Chronicles of Riddick (id., David Twohy, 2004) e l’eterea Mélanie Thierry (che ricordiamo giovanissima in La leggenda del pianista sull’oceano – Giuseppe Tornatore, 1998). Kassovitz sembrerebbe voler ricordare quanto fatto in precedenza dal suo connazionale Luc Besson in Léon (id., 1994), ma dell’intensa relazione tra Jean Reno e Natalie Portman qua non c’è nemmeno l’ombra.
Insomma, Babylon A.D. dura 93 minuti, ma dopo soli 83 partono i titoli di coda. Si ringrazia la produzione almeno per averci risparmiato altri seicento strazianti secondi.

Curiosità
Babylon A.D. è la dimostrazione di quanto possa fare una campagna promozionale. Negli Usa, in seguito agli screzi con il regista, non ci sono stati investimenti di marketing, e il film è stato un flop. Nel resto del mondo, invece (e soprattutto in Italia), la promozione è stata martellante, e i risultati si sono visti, superando ampiamente i sessanta milioni di dollari che sono stati necessari per la produzione.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»