Il miraggio dell’Isola
Quello che amo delle conferenze stampa – oltre al prosecco, ovviamente – è l’impagabile atmosfera di serena credulità che permea qualsiasi discorso venga pronunciato. Sarà che ci si sente coccolati, sarà che c’è il buffet dietro l’angolo e che l’invito nella tasca ti ricorda che sei qualcuno. Fatto sta che qualunque proclama, anche il più sinistro, suona di colpo perfettamente ragionevole e, in ultima analisi, decisamente condivisibile. Non è sfuggita alla regola (e come avrebbe potuto farlo?) la presentazione della sesta edizione dell’Isola dei Famosi, da lunedì in prima serata su Raidue. Le argomentazioni del direttore di rete Marano, sornione come non mai, di una Simona Ventura ormai ai confini del cibernetico e di Giorgio Gori (su di lui non si può dire nulla, è asetticamente caruccio), hanno infatti riscosso l’approvazione pressoché incondizionata di una platea abbronzata e benedicente. Io stesso, lo confesso, non ho potuto fare a meno di annuire con fare euclideo, salvo poi – dopo il caffè – rendermi conto che qualcosa non mi quadrava.
«L’Isola è la spina dorsale su cui si regge l’identità di Rai Due. Perché l’Isola crea visibilità anche per gli altri programmi della Rete» questo l’esordio di Marano, che in seguito ha anche voluto puntualizzare per chi questa identità è stata pensata: «Il nostro target è quello di Canale5, che infatti è il nostro competitor più diretto. Il profilo del pubblico che vogliamo raggiungere è lo stesso». In poche parole, il pubblico delle famiglie, quello più generalista in assoluto.
Un’audience alla quale la Ventura non proporrà semplicemente dell’intrattenimento: «Abbiamo lavorato molto sulla selezione dei non-famosi, che devono rappresentare un esempio». Già, secondo il dinamico trio, infatti, proprio a loro sarà affidato il compito di “parlare dei problemi e delle difficoltà di tutti i giorni in un paese dove chi sta bene sta sempre meglio e chi sta male sta sempre peggio”. Problemi che poi, nella migliore delle ipotesi, potranno anche “essere risolti a beneficio della collettività grazie alla visibilità del programma”. Questo mentre i vip in gara ci delizieranno con le loro competenze specifiche. Ad esempio Vladimir Luxuria che, in quanto politico, secondo Simona: «potrebbe spiegarci come funziona il Parlamento, quanto tempo passa prima che una legge entri in vigore e altre curiosità di questo tipo».
Tutto molto chiaro, no? È anche giusto, in fin dei conti. O sbaglio? Ci ho pensato a lungo, mentre ingollavo tartine, e alla fine mi è parso di cogliere una piccola falla che incrina quanto detto durante la conferenza e prospetta scenari piuttosto inquietanti. Ecco, il punto è: ma nessuno si ricorda che L’Isola dei Famosi è il programma trash per eccellenza, fatto interamente di litigi fomentati con perizia e portati all’estremo tanto in studio quanto in collegamento? Insomma, il programma dove Antonella Elia tirava i capelli alla Yespica, Den Harrow svalvolava e Pappalardo invitava Walter Nudo a tagliargli la testa con un machete. In conferenza questa premessa sembrava non essere nota a nessuno. Evidentemente, per qualche strano meccanismo di rimozione, a tutti piaceva pensare che in prima serata ci sarebbe stato un format capace di unire lezioni di educazione civica, denunce sulle problematiche sociali più sentite dalla classe media e intrattenimento intelligente. Eppure, se ripenso alle edizioni precedenti, ricordo ben poco se non discussioni e insulti. Il che mi fa e mi ha sempre fatto rabbrividire, considerando che questo è il programma cardine (nonché di maggiore visibilità) di una rete che per sua stessa ammissione punta alle famiglie.
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In definitiva, staremo a vedere (almeno inizialmente, dopo un po’ mi riservo di cambiare canale). Forse sono io il malpensante. Non è escluso che sbagli pensando che di Luxuria si finirà per mettere in risalto più il genere sessuale che non l’esperienza politica. E probabilmente i non-famosi forniranno davvero un esempio di dignità, senza finire a scannarsi tra loro per un minuto sotto i riflettori, come mi verrebbe da sospettare. Ma certo, potrebbe venissimo venire fuori un programma di qualità e di spessore, proprio come quello che ci è stato presentato. In fondo, giunti alla sesta edizione, gli autori avranno ormai capito come evitare che si cada nel pecoreccio. E certamente i protagonisti del reality, a dispetto della popolarità garantita dalla soddisfazione delle pulsioni più barbare del pubblico, sapranno rinunciare a qualche crisi isterica in diretta per regalarci un po’ di bei ragionamenti in favor di telecamera, no? Siamo reali(ty)sti: no.
A cura di Marco Valsecchi
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