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cultura dell'immagine e della parola

Il doppio ruolo del documentarista

Potrebbe essere trasformata in un format televisivo, l’ultima tendenza che sta caratterizzando molte produzioni documentaristiche. Il meccanismo è semplice: un regista di chiara fama incontra il soggetto del documentario in fase di realizzazione e, insieme a una troupe solo parzialmente visibile nel montaggio finale, realizza il documentario quasi come se fosse il backstage di un altro lavoro. Il motivo è semplice: con questa modalità si evita di caricare il film di eccessivi toni didattici e didascalici, documentando in modo parzialmente immediato l’incontro tra due personalità che davanti all’obiettivo mettono in mostra tutto il loro carisma, la loro personalità e, soprattutto la loro teatralità.

Così Shine a Light, il concerto dei Rolling Stones documentato da Martin Scorsese risulta fortemente virato verso il progetto d’autore, dove la firma del grande regista è percepibile dalla prima all’ultima inquadratura. Analogamente accade nelle immagini di Comandante, documentario/incontro tra Fidel Castro e il cineasta Oliver Stone. Come due elementi chimici che vengono in contatto, il risultato non è nella somma degli elementi ma dalla reazione che ne generano, esponenzialmente maggiore. Così pure Frank Gehry – Creatore di sogni, vede Sidney Pollack nel duplice ruolo di regista e di co-protagonista del documentario che, sulla carta, sembrerebbe dedicato a illustrare la vita e l’opera del grande architetto.

Eclatante diventa quindi Maradona by Kusturica, ritratto del Pibe de Oro che dichiara fin dal suo titolo la duplice natura del suo tema. Kusturica non ha mai negato la sua venerazione per il campione argentino e questo progetto nasce come costola di un lavoro, ormai abortito, a cui il regista di Sarajevo stava lavorando da anni. Ne è nato un testo ibrido, un documentario che non può certo dirsi ineccepibile, evidentemente partigiano, sgangherato ma sincero e genuino ma, soprattutto, capace di offrire un’immagine umana di Diego Armando Maradona. Con il fare arrogante che lo contraddistingue, Kusturica si autoproclama il Maradona del cinema, a torto o a ragione, ammicca continuamente a Johnny Rotten, altra icona maledetta, che infiamma la colonna sonora del film con i suoi Sex Pistols.

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