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Nuovo cinema Gondry

Nuovo cinema Gondry

Il cinema è l’arte del sogno. Il visionario Michel Gondry, più di chiunque altro, crede fermamente in questo assunto. Dopo la visionarietà di Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, 2004) e, per l’appunto di L’arte del sogno (La science du rêves, 2007), Gondry ritorna con un film tutto americano che parla di cinema, senza il cinema. In una videoteca, due ragazzotti un po’ imbecilli, che ricordano vagamente i due perditempo di Clerks (id, Kevin Smith, 1994), decidono di girare dei film “maroccati” (“sweded” nella versione originale) per sostituire le videocassette smagnetizzate di una videoteca. Le loro versioni di Ghostbusters, A spasso con Daisy o Rush Hour 2 vengono apprezzate, dapprima da altri ragazzetti un po’ imbecilli, e successivamente da un numero sempre maggiore di persone che accorrono in New Jersey per poter noleggiare i loro film.

Be Kind Rewind, per la sua anima un po’ cialtrona, può sembrare a prima vista un divertissement per cinefili, ma in realtà parla al cuore degli spettatori e nasconde una lettura più profonda. Il finto documentario sulla vita del vero jazzista Fats Waller, che apre e chiude il film, è l’essenza del cinema: raccontare una storia utilizzando i mezzi a propria disposizione, inventando, creando, arrangiandosi, pur di fissare su pellicola la propria visione. È lo spirito pioniere degli inizi, quando si inventò il linguaggio e la tecnica cinematografica. Oggigiorno invece, anche a causa della trasformazione della distribuzione dei film che i dvd hanno avviato, l’industria sembra prediligere il prodotto alla produzione. Il film, che ha chiuso l’ultimo festival di Berlino, è stato letto da molti come una non velata critica alla globalizzazione. Comprensibile pensarlo, ma quello era il tema, e forse non a caso, di Clerks II (id, Kevin Smith, 2006). Però anche in Be Kind Rewind, Mr. Fletcher (Danny Glover) si accorge delle pecche delle grandi videoteche, alias le grandi catene distributive, dove c’è meno scelta in più copie e i commessi sono impreparati. Ma si tratta di una conseguenza della scelta da parte “di chi decide” di non dare fiducia alla capacità di scelta del pubblico. Un corto circuito produttivo/distributivo che nel film è rappresentato in maniera davvero efficace e divertente dalla presenza di Sigourney Weaver, protagonista nel 1984 di Ghostbusters, primo film maroccatto da Mike e Jerry, che qui incarna l’avvocatessa delle major a caccia di violatori di diritti d’autore, in un perfetto gioco di specchi tra cinema e realtà, vero e falso.

Ma sopra a tutto c’è l’amore per il cinema, sia come forma d’arte che di intrattenimento. E così ritroviamo Mia Farrow, che incarnò nel suo primo piano finale de La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, Woody Allen, 1985), in cui dimentica i suoi problemi guardando un film, la vera potenza del cinema. Senza dimenticare l’omaggio a Nuovo cinema paradiso (1985) per ricordarci che forse i film non cambieranno il mondo, ma sicuramente sanno donare un’emozione.

Curiosità
I film “sweded” (o maroccati) di Mike e Jerry sono visibili nel sito del film con versioni personalizzabili con foto e nomi dei visitatori. La parola sweded, neologismo inventato da Gondry, è così diventato un termine di uso comune, tanto da aver fatto nascere una vera e propria moda. Vedere per credere l’Internet (Sweded) Movie Database.

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