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Il messia sbagliato

Il messia sbagliato

“E’ tutto cinema, cinema, cinema” cantava Paolo Conte in una vecchia canzone, ma il cinema qui in Italia è sempre sotto processo, diviso tra la necessità di far soldi al botteghino e il desiderio di farsi specchio di un paese suo malgrado in trasformazione, gravato dalla pesante eredità di un tempo in cui era arte pura e faceva scuola anche al di là dell’oceano. Così che spesso finisce per parlare di se stesso, anche per parlarsi addosso, nel tentativo tuttavia onesto di capire da quali vizi sia affetto: di questo soprattutto parla Il nostro messia, un’opera indipendente vincitrice di una menzione al RIFF (Festival del Cinema Indipendente) nel 2007.

Fare cinema è impresa da pochi, è più che difficile, a volte impossibile, per una schiera di giovani registi e attori (qui attrici) che ne attendono l’irrompere nelle loro vite proprio come un messia, mentre i critici parlano, parlano, e spesso non si capisce dove vogliano andare a parare. La trama del film di Serughetti (che lo ha scritto, girato, musicato e non si sa quante altre cose) si mescola con la realtà delle vicissitudini di una pellicola realizzata in digitale con un budget ridicolo che parte da ottimi intenti ma non riesce, soprattutto a livello qualitativo, a oltrepassare la linea sottile tra il cinema e il buon cinema. L’Italia rappresentata è estremamente attuale, così come i sentimenti dei personaggi che abitano la vicenda, ma già a livello di sceneggiatura il film risente di un’indecisione tra realistico e grottesco che si manifesta da un lato nei tratti eccessivamente caricaturali dei suoi protagonisti, uno su tutti il critico impersonato da Tinto Brass (che ci mette comunque una gradita dose d’ironia), dall’altro in una recitazione da spot tv delle cinque ragazze aspiranti attrici in attesa del messia di turno.

Sì, perché chi è altro è il messia se non chi permette la realizzazione del sogno di lavorare nel Cinema? Ma è davvero così, il Cinema, o quello cui aspirano le protagoniste non è che un mondo idealizzato in realtà arto slegato di un contesto culturale morto vivente che sguazza nelle stesse acque da troppo tempo? Dato che le risposte son difficili da trovare, ci saremmo accontentati che la domanda fosse posta nel modo giusto, ma il film di Serughetti si perde tra una citazione di Pasolini e i cameo di personaggi famosi (oltre a Tinto Brass, Dolcenera e Rosalinda Celentano). Anche per lui, il messia, stavolta non era quello giusto.

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