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cultura dell'immagine e della parola

Monnezza
a chi?!

Titolo campagna stampa: “Monnezza a chi?”.
Cliente: regione Campania, comune di Napoli.
Agenzia di pubblicità: Am newton 21
Creativi: Gabriella Ambrosio e Luca Maoloni.

Parto dalla conclusione: non so prendere posizione. La premessa: a Napoli, la monnezza c’è. L’hanno vista i miei occhi: 10 giorni fa, precisamente. Mentre atterravo a Capodichino, dall’alto ho visto mucchi pigramente distesi ai bordi delle strade, che, oziosi, si allungavano su curve e rettilinei. La premessa alla premessa: amo Napoli ed i napoletani. Ma di fronte all’evidenza, che fare? Anche il mio tassista (simpaticissimo napoletano verace) lo ha ammesso: “A Napoli città il problema non esiste, ma fuori, in periferia…sì”.

Di rientro Milano, noto per la prima volta i provocatori 6×3 che ironizzano: “Monnezza a chi?”. Piazza del Plebiscito, la vista del golfo, lo struggente Castel dell’Ovo sono le immagini giustapposte al titolo, volutamente grande, volutamente ad “alta voce”. Al centro tra il serio ed il faceto, tra la battuta ed il commento di chi, sentendosi offeso, deve ribattere.

Percepisco questo intervento pubblicitario posizionato al centro di un uragano. La bagarre mediatica, lo scarica barile politico, i pronunciamenti risolutivi che hanno riguardato il problema, ci hanno presentato all’opinione pubblica estera semplicemente come siamo: dei re nudi.

Re, perché sfacciatamente fortunati nel possedere bellezze storiche di importanza culturale e artistica come forse nessun altro paese. Nudi perché sbugiardati. È un’evidenza: su certi argomenti siamo un paese alla deriva, in grado di affossarsi solo e solamente di più. Ho molto apprezzato il commento di un blogger: “Ed ecco che invece di vedere sgasare i camion della nettezza urbana, spunta la campagna ‘Monnezza a chi?’” (Polisblog.it). La questione non mi sembra neanche politica, ma semmai di buon senso: perché invece di parole, non siamo di fronte ai fatti?

Mi limito ad una riflessione metapolitica, volutamente ristretta a questa campagna. Si può parlare di un intervento geniale, oppure un totale fuorigioco? È brillante autoironia o il colpo finale, tanto più definitiva perché autoinflitto?

Sulle prime, la reazione è una risata, ma in seguito, dopo avere riflettuto maggiormente, ho trovato più di una traccia di amaro realismo in questa battuta. La domanda che lascio ai lettori di Hideout è la seguente: i creativi che hanno lavorato su questa campagna hanno osato riuscendo o hanno osato troppo?

Curiosità
Fino a metà mese, i principali aeroporti internazionali e le città del nord Italia ospiteranno un’ulteriore campagna. Sulle immagini da cartolina delle bellezze di Napoli, gli headline pubblicitari riporteranno gli sprezzanti titoli di giornali che hanno urlato il problema. Al posto della parola “rifiuti”, gli spezzoni delle frasi saranno sostituiti da riferimenti all’arte e alla storia della città. Ad esempio, la “morsa dei rifiuti”, diventerà la “morsa dell’arte”. Credibile o in-credibile? Ancora una volta, a voi la parola.

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