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cultura dell'immagine e della parola

Un segno di
Ezio Alberione

L’altra sera ho visto uno spettacolo teatrale scritto da Alberione che è stato rimesso insieme al San Fedele per l’anniversario della sua scomparsa. Ezio mi stupisce ancora.
Voglio scrivere di questa strana coincidenza, che è stata raccontata da padre Bruno, il responsabile del Centro San Fedele. Lo spettacolo in questione si chiama "Anche le caffettiere vanno in paradiso”. Ecco: la locandina che è stata realizzata 16 anni fa (nel 1992, l’anno in cui andò in scena la prima volta) era una illustrazione con una caffettiera seguita da una decina di tazzine, una per ogni membro del gruppo teatrale. Un percorso lungo la strada che porta al paradiso.
Bene. Ora, sapete che in città c’è il MiArt?
Tra le molte opere che sono state esposte in vari luoghi di Milano, una in particolare è stata installata proprio in piazza San Fedele: una pila di tredici tazzine bianche che spingono una caffettiera nera su, verso il cielo.
Ci si può credere o no, ma non è il primo segnale che Ezio ha mandato.

Carlo Prevosti

Chi ha bisogno di un segno, chieda
Mi è proprio piaciuto il racconto di Carlo. In qualche modo per me ha assunto il valore di un segno. E oggi sono andata a vederlo, quel segno.
Non ci tornavo da due anni in piazza San Fedele. L’ultima, e unica, volta che mi ero trovata là era per Ezio, due anni fa circa. E oggi ci sono tornata.
Le persone hanno bisogno di segni. Siamo piccoli, non comprendiamo. E vedere quella grande caffettiera che si allunga verso il paradiso mi ha messo in pace con il mondo. Mi ha fatto felice, perchè ho sentito la presenza del segno, la concretezza della persona.
C’è ed è indissolubile il legame tra la terra e il cielo. A volte non lo capiamo, ma ci sono persone che possono spiegarlo con un gesto semplice. Ezio è una persona così.

Francesca Bertazzoni

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