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cultura dell'immagine e della parola

Impazziamo per Mad Men

Arrivo appena in tempo per mettere piede sul 2 per il quotidiano rientro a casa. Salgo e afferro la barra metallica per mantenere l’equilibrio. Sono stanco ma non così tanto per non rendermi conto di essere aggrappato a un reggiseno.

Circa un mesetto fa Milano era tappezzata di biancheria intima. Qualche festa pre-matrimoniale? No. Pubblicità. Vi chiederete chi siano quei folli (mad men) ad aver avuto un’idea talmente bizzarra e soprattutto quale sia l’oggetto pubblicizzato. Se pensate all’ovvia risposta di una qualche marca di lingerie ancora una volta la vostra state peccando di banalità. Si tratta di Californication, la discussa e provocatoria serie tv con protagonista l’X-Files David Duchovny. Spunto che in maniera ovvia (questa volta ci è concesso il termine) ci porta a parlare di Mad Men, serie Tv in onda su Cult e incentrata sulle vicende di un creativo pubblicitario appartenente alla Sterling Cooper Advertising Agency, con sede nel centro di New York (MADison Avenue, per la precisione).

L’elemento più interessante della pluri-elogiata serie è la collocazione temporale degli eventi narrati, ovvero gli anni 60. Un’ambientazione sottolineata di continuo, sia a livello contenutistico che formale. I colori, infatti, odorano di pellicola ingiallita. Il fumo invade ogni inquadratura, e in mezzo a quelle nuvole è possibile vedere spuntare figure che tentano di farsi notare nel groviglio del mondo lavorativo. In ogni momento vengono allungate mani su gambe femminili e la frenetica macchina lavorativa è rispecchiata nei dialoghi frizzanti e lapidari. Il protagonista mondo pubblicitario con i suoi claim tanto funzionali ed efficaci quanto vergognosamente ovvi (ancora una volta il termine è pertinente). D’altronde, come altro definire lo slogan “It’s toasted” usato per “differenziare” le Lucky Strike da tutte le altrettanto ovviamente tostate sigarette?

L’altro punto di forza di Mad Men, oltre allo spirito “sixties” è dato dai suoi personaggi, in modo particolare dal tenebroso protagonista Don Draper (Jon Hamm), alle prese con un matrimonio inconsistente e con una moglie che vive nel lusso ma subisce la fragilità della coppia (ecco a voi la nascita dell’urgenza delle sedute dallo psicologo). A Don viene affidato il compito di fornirci un punto di vista: un misto di cinismo estremo e di un sentimento sottile che potrebbe anche essere bontà. Ma il primo prevale, e la visione dei rapporti che vanno in scena ne rimane contagiata: “L’amore è solo un’invenzione di uomini come me per far sì che le donne comprino calze di nylon”.

Tentando di azzardare una conclusione potrei parafrasare quanto già detto dal suo stesso autore Matthew Weiner, creatore dei Soprano [img4](nel caso non siate ancora convinti che Mad Men è spietatamente bello): spogliate i personaggi dei loro abiti vintage, aumentate il contrasto dei colori nella fotografia e avrete uno dei prodotti più attuali del momento. L’attualità sta nei personaggi, nei rapporti, nelle situazioni. Mad Men è permeato di essa nonostante il suo contesto sia per noi vecchio di oltre quarant’anni.

Eccoci ritornare alla citazione biografica dei reggiseni che decoravano Milano. Mad Men è quanto di meno ovvio la televisione ci possa offrire. La patina di pulizia e rigore non è nel prodotto in sé, ma nella mente di chi lo ha scritto e realizzato. Dietro ciò, la follia più pura.

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