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Enrico Papi presenta: Batti le bionde

Mesta cronaca di una serata passata cucinando una teglia di melanzane alla parmigiana in compagnia dell’ultimo (ahimè, in ordine cronologico) game show di Italia Uno, Batti la bionda (martedì, ore 21.10). Non sono ancora le nove di sera, mi metto ad affettare la verdura. Sul teleschermo c’è già Enrico Papi, che conduce La ruota della fortuna con una verve talmente urticante da farmi presagire che quelle che mi aspettano non saranno due ore piacevoli. Lascio che il programma finisca spargendo con cupa rassegnazione il sale sulle fette di melanzana in modo che spurghino l’acquetta amara. Pubblicità, poi la sigla. Papi è nel nuovo studio: via con le spiegazioni di rito circa le regole del gioco. Mentre scaldo la piastra mi chiedo dove abbiano smarrito la propria logica gli autori del programma. Come possono sperare di cavare qualcosa di buono da un programma che ribalta le dinamiche de La pupa e il secchione (orrido, ma di successo), adattandole alla struttura dell’1 contro 100 di Amadeus (orrido e basta)? Scuoto la testa e inizio a far sfrigolare le fettine. Il gioco inizia, il concorrente è un bel ragazzone mediamente colto, le bionde sono sufficientemente piacevoli e Papi stranamente non mi fa venire voglia di organizzare un genocidio per punire indiscriminatamente la razza umana tutta. Probabilmente, dopo mesi di Teo Mamuccari, la mia soglia di sopportazione si è alzata di un buon mezzo metro.

Armeggio di spatola e forchetta, aspettando che il gioco entri nel vivo. Le fettine di melanzana scottate si accatastano sul piatto, ma il gioco nel vivo non ci entra neanche un po’. Colpa di un meccanismo bislacco, che riduce la dinamica del quiz a un meccanico susseguirsi di domandine sempre della stessa difficoltà alle quali non è neanche fondamentale rispondere sempre giusto. Inizio a disporre la verdura nella teglia e per distrarmi guardo le tette delle partecipanti. Non è un buon segno: in teoria il gioco doveva dimostrare che le bionde sono acculturate, eppure le uniche cose degne di nota sono la scollatura di una criminologa e quella di una barista. Chissà se anche il format americano da cui è tratto il programma è così alienante. Non ho voglia di controllare. Passata di pomodoro, origano e sottilette. Sono quasi le undici. Guarnisco la pietanza e rimugino. Hey, ci vuole talento per imbastire due ore di programma senza nemmeno un climax. Sembra di assistere a una partita di Trivial Pursuit tra sagome cartonate mosse dal vento. Sono talmente anestetizzato che se una bionda qualunque starnutisse potrei morire sul colpo per l’emozione. Però la parmigiana è venuta un bijou. La ripongo in frigo: domani la esibirò in occasione di una cena tra intellettuali underground (ho il sospetto che mi abbiano invitato solo perché cucino bene). Speriamo sia una serata migliore.

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