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Spy love & black story

Spy love & black story

L’inaspettata seconda vittoria di Ang Lee a Venezia è stata accolta con freddezza, senza troppe polemiche perché qualcuno, forse, ha voluto scegliere un atteggiamento coerente e affine al film di Ang Lee. Nessuno si è lamentato più di tanto. In fondo è un film che mette in gioco gran parte di quello che ci si può aspettare da Ang Lee e da un film del genere: una bella e brava protagonista, atmosfere e ambientazione d’epoca, costumi sgargianti, le partite a mahjong, una bella fotografia, i sensi, il sesso e i sentimenti.

È un film che affascina ma, forse, illude lo spettatore perché tende più a stordirlo che a farlo emozionare. Nel caso di Brokeback Mountain o, addirittura, di Hulk, i codici del melodramma si collocavano perfettamente in strutture predefinite come quelle del western o del fantasy, dimensioni che servivano da filtro per non smarrire il gusto, la ricerca e il desiderio di raccontare la diversità dell’individuo e la diversità dell’amore.

Per Ang Lee, è evidente, l’amore è molteplice, non unico. Soprattutto, per il regista taiwanese l’amore e la libertà sono la missione dell’uomo in ricerca. I due cowboy di Brockeback sognano l’amore e la libertà tanto quanto Hulk/Bruce Banner con tutta la sua forza salta tra le montagne e distrugge ciò che gli sta intorno: la passione e l’angoscia, i corpi e il tempo.

Proprio dal tempo nascono i limiti di un film come Lust, caution. Lo sguardo attende che la narrazione si evolva, attende l’incontro dei corpi, lo scambio di tensioni, il distacco dalla strategia, ma tutto è immobile. Quando il film giunge al suo culmine, forse, si è andati troppo oltre: costruito su uno sfondo pericoloso, il fumettone mascherato da spy story anni ‘40 si trasforma in un melodramma dei sensi e dei tempi dilungati e il sesso e l’amore non traducono l’angoscia maturata fino a quel momento.

Una mezza libertà raggiunta nonostante un intero film passionale e romanticamente dannato. Un film che aggiunge un piccolo tassello al mosaico del cinema di Ang Lee, senza stravolgere particolarmente la sua forma.

Curiosità
Girato tra Shanghai e Malesia, Lust Caution è insieme thriller, spy-story, melò e rivisitazione “revisionista” del conflitto nippo-cinese durante la II Guerra Mondiale. Mescolare generi, registri e stili è una delle caratteristiche principali del regista taiwanese Ang Lee. Il suo ultimo film è tratto dal romanzo omonimo di Eileen Chang.
A proposito dell’autrice, Ang Lee ha dichiarato: «Non conosco altri scrittori cinesi contemporanei più stimati, amati e controversi della Chang. Lo stile di questo racconto è un po’ diverso da quello di altre sue opere. Io credo che in qualche modo sia la sua storia. La Chang era affascinata dal cinema e ha strutturato la trama come un film. Abbiamo solo dovuto riempire gli spazi che aveva lasciato vuoti». Leone d’oro e Miglior fotografia a Venezia 2007.

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