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Rage against the machine

Rage against the machine

Eyes wide shut
Sulla copertina del best seller di Samuel Loomis, psichiatra e “Padre” dell’omicida Michael Myers, campeggiano gli occhi spalancati del piccolo assassino di Haddonfield, figlio di un male che, stando alle parole dello stesso Loomis, è peggiore dell’oscurità di un abisso, perchè, in un modo o nell’altro, ha deciso di uscire da quell’abisso per scoprire il mondo dove viviamo.
Eppure, l’occhio di Rob Zombie e della sua macchina da presa sembrano suggerire, con una operazione di “attualizzazione”, che dietro la violenza e il male perpetrati dal cinereo Michael vi sia una delle più comuni cause della manifestazione di violenza, rabbia e aggressività in individui psicologicamente fragili e turbati: una famiglia altrettanto viziata dalla mano, come direbbe lo stesso regista, del Diavolo.

La parte più interessante di questa ultima pellicola – di certo ben lontana, nonostante l’ottima confezione, dallo splendido La casa del diavolo (The devil’s rejects, 2005) – sta dunque nell’ideale prosecuzione del cineasta/musicista nella, ricerca di disturbate famiglie “borderline” che, volenti o nolenti, sono causa scatenante delle violenze che numerosissimi serial killers (e non parliamo di fiction, si pensi a Edmund Kemper o al più noto Charles Manson).
Rabbia che esplode fin dall’infanzia dapprima contro piccoli animali e spostandosi poi su “prede più grosse”.

Altrettanto profonda, in questo senso, è l’analisi del ruolo del dottor Loomis, dapprima medico, poi amico, in un certo senso padre putativo di Michael: di fronte alla profondità della rabbia celata dietro la maschera di Myers, lo psicologo abbandona la scienza e l’applicazione della ragione per compiere l’unico passo possibile rispetto all’oscurità che il succitato abisso ha portato nel mondo: porre fine al suo folle incedere. Certo, un pensiero corre alla posizione americana sulla pena di morte e alle parole di John Douglas, tra i primi profiler di serial killer per l’F.B.I., sostenitore di quel tipo di giustizia.

Da che parte sta Rob Zombie? Forse non importa. Citando l’Otis dei Devil’s Rejects si potrebbe dire: “Io sono il diavolo. E sono qui per fare il lavoro del diavolo.” La vera paura viene da un’altra domanda: dove stiamo noi?

Freebird
Un film di spettacolare, violento, grindhousesco intrattenimento. Ma sembra che il buon Rob abbia, forse, voluto prendersi un momento di pausa dalla sua escalation come regista, non solo di culto, ma di valore, all’interno del panorama horror/pulp americano.
Se, infatti, la prima parte di quest’ultima pellicola, quella più strettamente “zombiana”, lascia agghiacciati e stupiti, strappa ironici sorrisi ed equilibra humour nero a introspezione psicologica, la seconda, quella che omaggia l’originale di Carpenter, pare avvitarsi su se stessa.

Questo piccolo passo indietro di Rob Zombie pare così speculare alla crisi creativa del suo amico e certo in parte maestro Tarantino. Mentre il secondo, forse ebbro del successo delle sue prime pellicole, pare avere estremo bisogno di lavorare su uno script altrui per potersi lavare le mani dalla troppa tarantinità, il primo sembra dare il meglio nell’elaborazione propria, più che nell’omaggio; nonostante le gustose citazioni sempre presenti nelle sue pellicole, i momenti migliori brillano quando la libertà non si fonde troppo con un percorso già tracciato.

Nella speranza, dunque, che il nostro Zombie torni a deliziare il pubblico con il suo volo libero, ispirazione suggerita dai redneck Lynyrd Skynyrd, godiamoci quest’Halloween così com’è, in attesa del prossimo, terrificante viaggio nel mondo dei “rejects”.
Mr. Cummings, l’omaggio sarà cool, ma l’originalità è davvero creep.

Curiosità
Come di consueto per le sue pellicole, Rob Zombie è anche il curatore della colonna sonora: a tal proposito, impossibile non notare l’omaggio alla rock band dei Kiss, con il pezzo d’apertura God of thunder pubblicato su Destroyer del 1975, che campeggia con la sua copertina sulla t-shirt indossata nelle prime scene dal piccolo Michael.
Tyler Mane, che presta la sua robusta fisicità a Myers adulto, è un ex wrestler professionista, nonché, come due dei poliziotti della scorta massacrati dallo stesso Myers, uno dei “Devil’s rejects” protagonisti delle due precedenti pellicole del regista. E come dimenticare Sid Haig, l’incredibile Capitan Spaulding di La casa del diavolo , nel ruolo del custode del cimitero!?

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